ITALIA (4-4-2): Marchetti; Zambrotta, Cannavaro, Chiellini, Criscito; Pepe (dal 1’ s.t. Camoranesi), De Rossi, Montolivo, Marchisio (dal 16’ s.t. Pazzini); Gilardino (dal 1’ s.t. Di Natale), Iaquinta. (De Santis, Bonucci, Bocchetti, Maggio, Gattuso, Palombo, Quagliarella). All. Lippi.
NUOVA ZELANDA (3-4-3): Paston; Reid, Nelsen, Smith; Bertos, Elliott, Vicelich (dal 35’ s.t. Christie), Lochhead; Smeltz, Killen (dal 47’ s.t. Barron), Fallon (dal 18’ s.t. Wood). (Moss, Sigmund, Boyens, Brown, McGlinchey, Clapham, Mulligan, Brockie). All. Herbert.
ARBITRO: Batres (Gua).
NOTE: spettatori 38.229. Ammoniti, Fallon, Smith, Nelsen. Recupero: 1’ p.t., 4’ s.t.
Ieri Cassano ha sposato la sua Carolina, ballato sulle note di Gigi D'Alessio e gustato ogni prelibatezza capitatagli a tiro. Auguri, Totò. Una domanda mi sorge spontanea: perché, mentre l'Italia pareggia contro la Nuova Zelanda, il nostro più grande talento dai tempi di Robibaggio pronuncia il suo fatidico «sì»? Meglio non approfondire la questione: l'1-1 brucia abbastanza.
Lasciando Cassano alla luna di miele - Figi e Polinesia: tu mi lascia a casa? Bene, io vado a spassarmela col nemico -, veniamo all'incontro, tanto simile all'esordio contro il Paraguay. Per tanti motivi, primo fra tutti lo svantaggio: stesso calcio di punizione, stesso errore, con la difesa che si schiaccia troppo presto e consente a Smeltz d'infilare un incolpevole ed inoperoso Marchetti. La Nuova Zelanda, che poco propone dal punto di vista tattico, si limita ad occasionali lanci lunghi pensati per sfruttare al meglio la testa - ed i gomiti - delle torri offensive, ma il pallino del gioco ce l'ha per forza di cose un'Italia costretta alla rimonta. La palla viene fatta girare da Montolivo, in crescita dopo il comunque positivo debutto mondiale, ma il regista viola patisce la densità di maglie bianche: spazi intasati, poco tempo per ragionare e poca collaborazione da parte di un De Rossi che spesso si ritrova a fare il terzo centrale difensivo anche in fase d'impostazione. L'Italia appare libera di fare il proprio gioco sino a metà campo, poco oltre se va bene, e così viene naturale ricorrere alla battuta lunga per Pepe (perché fuori all'intervallo?) o Zambrotta, positivi sulla destra a differenza degli impacciati omologhi Marchisio e Criscito. Per agguantare il gol del pareggio è necessario un calcio di rigore, peraltro abbastanza generosamente concesso dall'arbitro guatemalteco Batres, guadagnato da De Rossi (marcatura di Alcaraz a parte, fin qui il migliore della spedizione azzurra) e messo in rete da Iaquinta, deludente tanto ma non quanto l'ectoplasmico Gilardino. Al riposo si va sull'1-1, e mentre Lippi si scervella, chi come me giustificava la sterilità offensiva con l'ordinata difesa paraguaiana inizia a capire che il problema è tinto d'azzurro: manca un uomo di fantasia, capace di saltare l'uomo ed inventarsi il gol che ti risolve la partita, ed il tanto celebrato gruppo non è in grado di sopperire a questa grave mancanza.
Con il doppio cambio le cose non migliorano di certo: Di Natale soffre sull'out sinistro (29 gol da centravanti, mica da ala), Camoranesi avrebbe bisogno di una bombola d'ossigeno. La palla inizia a scottare, perché i minuti passano ed il risultato non si sblocca: si fa confusione, il 4-2-3-1 non risolve un bel nulla ed anzi sbilancia una squadra il cui miglior attaccante finisce per rivelarsi Zambrotta (però, chi se l'aspettava dopo una stagione tanto travagliata). Di costruire azioni non se ne parla, né da una parte né dall'altra, e così ci si ritrova a provare da fuori una volta constatata l'invalicabilità del muro bianco - avessi detto la Germania Ovest di Beckenbauer, in questo caso di fronte c'era un'ordinata ma non certo insuperabile Nuova Zelanda -, che regge fino alla fine grazie alla giornata di gran vena del portiere Paston, stilisticamente imperfetto ma efficace, ed è questo che più conta.
Dopo due pareggi in fotocopia, paiono chiari i principali problemi di quest'Italia: l'incapacità di gestire i calci piazzati, costata fino ad ora due gol, ed un'inconsistenza offensiva inspiegabile per una squadra che volendo potrebbe sfoggiare Cassano e Miccoli, Totti e Balotelli. Invece, in nome del gruppo, ci si ritrova a soffrire assieme a Gilardino e Iaquinta: spalle alla porta, senza rifornimenti né rimorchi. Note liete, fin qui, ben poche: Montolivo cresce a vista d'occhio, e la squadra pare aver fiducia in lui e nelle sue capacità di regia; De Rossi è sempre il solito gladiatore, protagonista in occasione di entrambe la marcature azzurre e sempre pronto a guardar le spalle al compagno di reparto; Zambrotta, infine, è l'unico tra i «vecchi» sin qui in grado di ripagare la fiducia di Lippi.
Contro la Slovacchia ultima chiamata.
ANTONIO GIUSTO
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La Nuova Zelanda è arrivata in Sudafrica con l’etichetta di cenerentola del torneo, con gli osservatori che si chiedevano quanti gol avrebbe potuto subire nelle tre partite del girone, visto che la squadra ha evidenti limiti tecnici e un gioco molto british, molto fisico ma anche un po’ scolastico e rozzo, sottovalutando però una determinazione che sta raggiungendo livelli massimi e che ha portato gli All Whites ha risultati davvero clamorosi: se il match contro la Slovacchia sembrava quello da non fallire per portare a casa un risultato positivo, nessuno si aspettava (nonostante un anno fa in amichevole finì solo per 3-4 e con ben tre vantaggi per i neozelandesi) che questa squadra potesse tenere testa all’Italia, nessuno si aspettava che il match più passibile di goleada dei 48 della fase a gironi dovesse regalare uno choc simile. Con una prestazione assolutamente eroica, fatta di applicazione e di enorme grinta, la Nuova Zelanda si porta incredibilmente a quota due punti nel girone e dopo le prime due partite ha subito appena due reti, anche del tutto discutibili visto che la rete di Vittek della Slovacchia era in fuorigioco e visto che il gol di Iaquinta in questo match arriva su un rigore totalmente inventato dall’arbitro (che premia una ridicola simulazione di De Rossi). Tutto incredibile, come incredibile è il fatto che la Nuova Zelanda sia ancora in corsa per la qualificazione, visto che è alla pari in tutto con l’Italia (in caso questa situazione dovesse rimanere tale anche dopo il prossimo match, a decidere sarebbe addirittura il sorteggio).
L’Italia è un mezzo disastro: sotto di 0-1 la squadra non mostra alcuna idea e sembra voler cercare il solito trucchetto per trovare il gol del pareggio, con gli ignobili tentativi di far espellere gli avversari per semplici contrasti aerei, con l’altrettanto ignobile tuffo di De Rossi che fa capire perfettamente la situazione della squadra italiana, visto che i Campioni del Mondo devono ricorrere ai trucchetti per risalire dallo svantaggio contro una Nazionale fatta perlopiù di semiprofessionisti, una situazione davvero imbarazzante. Dopo la prestazione non esaltante contro il Paraguay, Montolivo si riscatta e appare molto più presente nell’azione, ma l’Italia gioca il secondo tempo non riuscendo a muovere il pallone né con la qualità né con la velocità che servirebbe per aprire una difesa ovviamente molto chiusa. In queste situazioni, sarebbero fondamentali le fasce, ma tutti gli esterni schierati giocano malissimo, con Pepe che appare la brutta copia del bel giocatore visto nel primo match, con Camoranesi e Di Natale che non riescono ad entrare in partita e non combinano nulla di buono. Il gravissimo problema è però l’attacco, perché è incredibile che una Nazionale di rango così superiore (sulla carta e non) alla Nuova Zelanda non riesca ad incidere mai nell’area di rigore avversaria, non trovando spunti brillanti e nemmeno il colpo decisivo: prova ne è il fatto che tutte le migliori chances arrivino con tiri da fuori, soprattutto con il palo di Montolivo che arriva poco prima il rigore “lucrato” e poi realizzato. Neanche un risultato così imbarazzante riesce a frenare la spocchia di Marcello Lippi, ancora esaltato dall’impresa di quattro anni fa che lo ha reso (se possibile) ancor più arrogante di prima.
Non ha la stessa spocchia e nemmeno lo stesso stipendio Ricki Herbert, architetto di una squadra che ha saputo chiudere tutti gli spazi possibili e poi saper porre rimedio ai limiti tecnici con invertenti in extremis di grande determinazione, oltre che con una ottima dose di fisicità e atletismo: il 3-4-3 di partenza è diventato nel corso del secondo tempo un 5-4-1, ma nessuno può dir nulla ai neozelandesi per aver abbassato così tanto la linea difensiva, per aver portato così tanti uomini in protezione della porta, perché il risultato da difendere era di quelli impensabili e anche perché di tanto in tanto qualche ripartenza riusciva pure, basti pensare alla sassata di Vicelich (che sfiora il gol della vita) e della grande giocata di Chris Wood che nel finale sfiora il gol della storia.
I neozelandesi sono semplicemente eroici nel portare a casa questo risultato nonostante tanti di questi siano solitamente modesti gregari, basti pensare al goalscorer Shane Smeltz, 28enne attaccante che ha giocato anche in Europa, in Inghilterra: nel Gennaio del 2005 arriva al Mansfield Town (League Two, quarta serie) non riuscendo a farsi valere (cinque presenze, zero gol), nel 2005/06 passa all’AFC Wimbledon e in Isthmian League Premier Division (settima serie!) si scatena con 26 gol (in 43 partite), tornando in difficoltà in Conference (quinta serie) con la maglia dell’Halifax Town (2 gol in 31 partite). Chissà se chi l’ha visto giocare in questa esperienza se lo ricorda ancora e chissà che faccia avrà fatto nel vederlo segnare ai Mondiali contro l’Italia, per una classica storia da calcio di altri tempi che però non è unica in questa Nuova Zelanda, basti pensare al subentrato Andy Barron, che è un dilettante vero e proprio visto che nella vita di tutti i giorni lavora da banchiere e ha dovuto chiedere le ferie per partecipare a questi Mondiali. Giocano in Inghilterra gli altri due attaccanti titolari, reduci però da stagioni negative in Championship: Rory Fallon ha segnato il gol della storica qualificazione ai Mondiali ma è retrocesso con il Plymouth, mentre Chris Killen è reduce da stagioni negative (l’ultima l’ha chiusa al Middlesbrough), ma entrambi si sono dati da fare con umiltà retrocedendo molto in difesa (contro le loro caratteristiche abituali), così come il giovane Chris Wood, astro nascente del calcio neozelandese e che Roberto Di Matteo ha già lanciato in prima squadra (anche se non da titolare fisso) nel West Bromwich Albion, puntando molto nelle sue doti fisiche e su una discreta capacità tecnica (mostrata anche nella grande occasione da rete creatasi dopo aver lasciato di sasso Cannavaro). Gli elementi dal migliore pedigree sono però altri due, vedi Simon Elliott, che al momento è addirittura senza squadra ma che è un giocatore di ottima applicazione e buon livello tecnico, che ha avuto la propria carriera frenata soprattutto da tanti infortuni. Vedi soprattutto il capitano Ryan Nelsen, abituato a lottare sui campi di tutta Inghilterra con il Blackburn e che ha giocato con una determinazione pazzesca, piazzando mille tackle, mille intercetti, mille respinte difensive: un muro, capace di essere decisivo anche negli ultimi cinque minuti, giocati nonostante un problema agli adduttori. Un gladiatore del genere però non si fa fermare e finisce per essere l’elemento di spicco in questa impresa: prestazione maestosa, da classico difensore all’inglese. Eroici al suo fianco anche Winston Reid e Tommy Smith, due giovani (rispettivamente classe ’88 e ’90) che giocano entrambi in Europa (al Midtjylland e all’Ipswich), due elementi non abituati a questi prosceni ma che non hanno certo perso tempo ad emozionarsi. Infine, eroico anche Mark Paston, portiere che negli ultimi giorni è stato semplicemente ridicolizzato dai media italiani: lui risponde con una prestazione perfetta. L’Italia non lo ha costretto a miracoli, ma lui è stato superbo nei tiri da fuori (bravo soprattutto su Montolivo) e in uscita.
La Nuova Zelanda si risveglia con la notizia di un risultato incredibile e comunque vada l’ultima partita del girone può celebrare come degli eroi questo gruppo che ha saputo andare ben oltre i propri mezzi tecnici.
SILVIO DI FEDE
JVAN SICA
Casi singoli a parte, le quattro "grandi" d'Europa (se si esclude la Germania, forse la più grande di tutte) stanno denotando enormi problemi non solo di finalizzazione ma anche di creazione di occasioni da rete. La Spagna ne ha create un po' di più, ma anche lì è mancato il vero spunto. Inghilterra e Italia allo stesso livello: poche idee e ancora meno personalità, sebbene quantomeno gli azzurri abbiano mostrato una preparazione fisica leggermente migliore di quella inglese, almeno finora. Ancora peggio la Francia, assolutamente inguardabile visto il potenziale in campo e fuori (avessimo avuto noi un Nasri un Benzema da non convocare, altro che Balotelli...). Un appunto su Cassano: okay, grande talento, ma suona un po' esagerato pensare che con lui in campo la partita l'avremmo vinta. Contrariamente a Baggio, Cassano ormai fa il fenomeno solo contro le squadrette, e rigorosamente entro i confini italiani.
RispondiEliminaPS: concordo con l'ottima prova di Montolivo e Zambrotta, quest'ultimo inaspettatamente in grande spolvero.
Tommaso.
l'Italia cambia schema ogni mezzora pur di trovare un posto a Marchisio (e ho detto Marchisio): prima largo a sinistra, poi a destra, poi fuori Pepe ma non lui, infine il 4-2-3-1...
RispondiEliminama questo deve giocare per forza?
markovic
Un Silvio che stasera ha indossato il vestito di Gala per scrivere l'articolo, e noi gli facciamo i complimenti...:-)
RispondiEliminaBeh, tu sai quanto ci ho scommesso sulla Nuova Zelanda... Non credendoci molto , ma l'ho fatto :D
RispondiEliminaEro convinto che non facessero le figuracce che tutti pensavano, ero convinto che con determinazione e fisico si sarebbero fatti vvalere: detto ciò, pensavo però che le avrebbero perse tutte e tre. Già il pareggio contro la Slovacchia mi sembrava storico, figurati questo :) Per lo sport di una Nazione che ammiro molto, è un giorno importante questo.
Si, si Cassano fa la differenza solo con le squadrette, infatti la Samp è solo arrivata in Champions League, non è che abbia fatto grandi risultati.
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