CILE (4-3-3): Bravo; Medel, Jara, Ponce, Vidal; Isla, Estrada, Beausejour; Sanchez (dal 20' s.t. Orellana), Valdivia (dal 1' s.t. Paredes), Gonzalez (dal 1' s.t. Millar). (Pinto, Marin, Fuentes, Contreras, Fierro, Tello, Suazo). All.: Bielsa.
SPAGNA (4-2-1-3): Casillas; Ramos, Piqué, Puyol, Capdevila; Busquets, Xabi Alonso (dal 28' s.t. Martinez); Xavi; Iniesta, Villa; Torres (dal 10' s.t. Fabregas). (Valdes, Reina, Albiol, Marchena, Arbeloa, Silva, Pedro, Llorente, Navas). All.: Del Bosque.
ARBITRO: Rodriguez (Mes).
NOTE: spettatori 41.958. Espulso Estrada al 37' p.t. per somma di ammonizioni. Ammoniti Medel per gioco scorretto, Ponce per c.n.r.. Angoli: 3-4. Recupero: 2' p.t., 2' s.t..
La prestazione forse più scadente degli ultimi due-tre anni basta alla Spagna per accedere agli ottavi di finale, e pure come prima del girone. Le Furie Rosse si salvano grazie alle individualità, a quel po’ di cinismo nei momenti decisivi del match, alla goffaggine dell’arbitro (quello che a Estrada vale il secondo giallo è uno sgambetto del tutto involontario su Torres, e il Niño si abbandona pure a un’infame sceneggiata) e a una certa ingenuità degli avversari. Rimane l’impressione di una squadra tremendamente confusa, almeno per il momento non all’altezza delle sbandierate aspirazioni mondiali. Del Bosque prosegue nella sua incomprensibile opera di smantellamento del sistema vincente consolidatosi dopo il ciclo di Aragonés, e la cosa peggiore è che non sembra in grado di rendersi conto che tutto questo non funziona.
Almeno il lieto fine è salvo per il Cile: vedere la Svizzera (incapace di segnare un gol all’Honduras: a volte il calcio, questo sport crudele, ti obbliga anche ad attaccare) passare al posto della squadra di Bielsa sarebbe stata una pugnalata.
Prima dell’espulsione di Estrada, il Cile però dà una lezione di calcio in piena regola a una Spagna irrigidita e snaturata.
L’arma di distruzione di massa di Del Bosque si chiama doble pivote. La convinzione semplicistica che per ottenere più equilibrio si debba obbligatoriamente schierare due giocatori bloccati, due centrocampisti “di posizione” davanti alla difesa. Lui vuole avere Makelele e Flavio Conceição per forza, anche quando non ci sono. E poi in conferenza stampa praticamente dichiara di voler reincarnarsi in Busquets. Non ci sono possibilità che si smuova da questa scelta, se addirittura a sostegno della propria tesi sconfina nella metafisica chiamando in causa misteri insondabili come la vita dopo la morte.
Il fatto però è che con due piazzati davanti alla difesa la Spagna non è più equilibrata, anzi. C’è una nettissima spaccatura fra i quattro difensori+il doble pivote e il resto della squadra. E se sei lungo quando giochi la palla, sarai lungo anche quando la perdi e devi recuperarla.
La Spagna è sempre troppo schiacciata indietro quando inizia l’azione: con Aragonés c’era un solo centrocampista di posizione davanti alla difesa, poi tanti giocatori che a rotazione, con grande frequenza e possibilità di scelta per il portatore di palla, offrivano l’appoggio e si scambiavano posizione, smarcandosi pian piano verso zone più avanzate. Questo permetteva all’azione di progredire, e in un momento successivo dava i tempi giusti d’uscita ai terzini in sovrapposizione. Tutta la squadra si compattava con molta più facilità attorno al pallone.
Ora tutto questo è stato smantellato, Busquets e Xabi Alonso son sulla stessa linea, i terzini rimangono bassi ed è dall’attacco e dalla trequarti che devono abbassarsi eccessivamente per venire a prendere palla. Nel caso in cui si abbassano dalla trequarti, prendono palla in situazione scomoda, spalle alla porta, un’esca per il pressing avversario che solo la pura qualità individuale dell’Iniesta di turno può disattivare; nel caso invece in cui non si abbassano, allora scatta il lancio lungo, obbligato più volte (troppe volte) dal pur fenomenale pressing cileno. Squadra lunga, e quando l’avversario recupera il pallone, ha sempre tantissimo tempo per pensare in questo spazio fra i 6 uomini difensivi e i 4 offensivi della Spagna.
Grida vendetta poi vedere Xavi impiegato come una specie di brutta copia di un trequartista: tocca molti meno palloni (ci sono le statistiche), è marcato spalle alla porta, non è mai nel vivo del gioco e non può dettare i tempi. Praticamente gli è vietato fare quello che sa fare meglio di tutti in questa squadra. Questo si chiama auto-sabotaggio: incredibile, il punto di forza indiscusso di questa nazionale, il centrocampo, si sta convertendo a furia di forzature nel punto debole.
La mia non è una polemica verso Busquets in sé (buon giocatore che individualmente sta pure rendendo) né una negazione preconcetta del fatto che la Spagna possa arrivare a giocare bene anche con un sistema diverso: soltanto invoco il buonsenso di affidarsi a ciò che i giocatori conoscono meglio e sono più portati a fare.
E in questa disarmonia spagnola il Cile arriva sempre primo sul pallone, recupera facilmente col pressing e poi allestisce i suoi arrembaggi a pieno organico, insistenti e vertiginosi. Mi Chupete Querido è arrivato al torneo in condizioni improponibili, quindi Bielsa fa leva su Valdivia, cervello più raffinato dello squalificato Matias Fernández, falso centravanti alla Messi (che dico Messi… alla Honda!): sul movimento di questo, né attaccante né centrocampista, e chi se lo piglia?, parte poi in incursione dalla seconda linea il potente Beausejour, che taglia alle spalle della difesa spagnola disattivando il possibile fuorigioco. Finchè sono 11 contro 11, il sistema difensivo iberico fa acqua su questa situazione. Grande il Cile per come alterna passaggi corti, lunghi e cambi di gioco: è difficilissimo non andare mai in inferiorità numerica quando difendi contro una squadra che copre il campo così bene.
Gioca a memoria, meccanizzato all’estremo, e risulta quasi inquietante perché alla fine arrivi a non distinguere i diversi giocatori: sono tutti a turno fantasisti, attaccanti, ali e difensori. Frutto anche della polivalenza imposta con lacrime e sangue da Bielsa: i giocatori cileni, che nei primi tempi della sua gestione non capivano perché venissero sballottati di volta in volta fra fascia e centro, fra difesa, centrocampo e attacco, ora hanno il vantaggio di una superiore flessibilità mentale, la capacità di pensare da attaccanti pur essendo difensori e viceversa (uno di questi, Vidal, ha comunque avuto da sempre il privilegio di una polivalenza enciclopedica). Perché una squadra è sempre un tutto unico.
Il difetto del Cile ultraveloce però è l’incapacità di frenare in alcuni momenti: già notata una certa precipitazione contro la Svizzera, a volte la ricerca esasperata della verticalizzazione è un rischio eccessivo, e secondo come e dove perdi la palla puoi così esporre la tua difesa alta. Questo è successo anche con la Spagna, e il Cile ha sofferto situazioni puntuali di contropiede pur dominando la gara. Una di queste ha fruttato l’immeritato vantaggio spagnolo, un regalo bello e buono di Bravo, in folle uscita quando la cosa più logica sarebbe stata rimanere fra i pali e lasciare che il difensore accompagnasse verso l’esterno Torres.
E a riconferma dell’ingenuità cilena, e dell’incapacità spagnola di arrivare a creare attraverso uno straccio di gioco, anche lo 0-2 arriva da un errore cileno: stavolta un disimpegno di Jara che si fa rubare palla da Iniesta, che poi finalizzerà con classe. Il recupero di Iniesta (parte teoricamente da destra nel tridente, ma viene incontro e porta su palla, meglio di niente in mancanza di un gioco) e il solito Piqué son le uniche note positive della prestazione spagnola: ma sono completamente isolate da un contesto collettivo minimamente favorevole.
Il gol del raddoppio porta con sé anche l’errore arbitrale che condiziona il resto della partita. Cile coraggioso lo stesso, Bielsa che si gioca il tutto per tutto con un 3-3-3 nel secondo tempo (“Treccani” Vidal scala a centrocampo sulla sinistra, con Isla al centro e il neo-entrato Millar a destra; Beausejour avanza nel tridente, mentre lascia un po’ di amaro in bocca l’uscita di Valdivia per Paredes, attaccante di ruolo ma anche giocatore più limitato), e Spagna imbambolata ad inizio ripresa, perché sono i sudamericani a fare la partita e a trovare il gol con Millar deviato da Piqué, fortunoso ma meritato (passività totale della difesa spagnola nell’occasione).
Anche in superiorità numerica la Spagna sembra scricchiolare, e Del Bosque ricorre al primo cambio: Cesc per Torres (ancora negativo, anche se i suoi movimenti son sempre preziosi per allungare la difesa avversaria). Questa sì una mossa sensata: si ripropone il tourbillon in mezzo al campo, ci sono più appoggi che permettono a tutta la squadra di uscire con più facilità e prendere ossigeno, facendo finalmente valere la superiorità numerica. Xavi poi può arretrare qualche metro e soprattutto entrare di più in contatto col pallone e vedere la giocata di fronte, sulla trequarti ci va Cesc che è più capace di adattarsi alla posizione rispetto a Xavi, più verticale.
Non c’è praticamente più partita (entra anche Javi Martínez, che va destra, al posto di Xabi Alonso), perché il Cile esaurisce le energie, confida nell’incapacità offensiva della Svizzera (che dovrebbe fare due gol per passare) sull’altro campo e inizia a preoccuparsi più di non prendere gol per non alterare la differenza-reti (una volta potranno speculare un po’ anche loro? E che diamine!). Il controllo spagnolo si converte così in una melina sempre più irritante man mano che ci si avvicina al novantesimo.
Almeno il lieto fine è salvo per il Cile: vedere la Svizzera (incapace di segnare un gol all’Honduras: a volte il calcio, questo sport crudele, ti obbliga anche ad attaccare) passare al posto della squadra di Bielsa sarebbe stata una pugnalata.
Prima dell’espulsione di Estrada, il Cile però dà una lezione di calcio in piena regola a una Spagna irrigidita e snaturata.
L’arma di distruzione di massa di Del Bosque si chiama doble pivote. La convinzione semplicistica che per ottenere più equilibrio si debba obbligatoriamente schierare due giocatori bloccati, due centrocampisti “di posizione” davanti alla difesa. Lui vuole avere Makelele e Flavio Conceição per forza, anche quando non ci sono. E poi in conferenza stampa praticamente dichiara di voler reincarnarsi in Busquets. Non ci sono possibilità che si smuova da questa scelta, se addirittura a sostegno della propria tesi sconfina nella metafisica chiamando in causa misteri insondabili come la vita dopo la morte.
Il fatto però è che con due piazzati davanti alla difesa la Spagna non è più equilibrata, anzi. C’è una nettissima spaccatura fra i quattro difensori+il doble pivote e il resto della squadra. E se sei lungo quando giochi la palla, sarai lungo anche quando la perdi e devi recuperarla.
La Spagna è sempre troppo schiacciata indietro quando inizia l’azione: con Aragonés c’era un solo centrocampista di posizione davanti alla difesa, poi tanti giocatori che a rotazione, con grande frequenza e possibilità di scelta per il portatore di palla, offrivano l’appoggio e si scambiavano posizione, smarcandosi pian piano verso zone più avanzate. Questo permetteva all’azione di progredire, e in un momento successivo dava i tempi giusti d’uscita ai terzini in sovrapposizione. Tutta la squadra si compattava con molta più facilità attorno al pallone.
Ora tutto questo è stato smantellato, Busquets e Xabi Alonso son sulla stessa linea, i terzini rimangono bassi ed è dall’attacco e dalla trequarti che devono abbassarsi eccessivamente per venire a prendere palla. Nel caso in cui si abbassano dalla trequarti, prendono palla in situazione scomoda, spalle alla porta, un’esca per il pressing avversario che solo la pura qualità individuale dell’Iniesta di turno può disattivare; nel caso invece in cui non si abbassano, allora scatta il lancio lungo, obbligato più volte (troppe volte) dal pur fenomenale pressing cileno. Squadra lunga, e quando l’avversario recupera il pallone, ha sempre tantissimo tempo per pensare in questo spazio fra i 6 uomini difensivi e i 4 offensivi della Spagna.
Grida vendetta poi vedere Xavi impiegato come una specie di brutta copia di un trequartista: tocca molti meno palloni (ci sono le statistiche), è marcato spalle alla porta, non è mai nel vivo del gioco e non può dettare i tempi. Praticamente gli è vietato fare quello che sa fare meglio di tutti in questa squadra. Questo si chiama auto-sabotaggio: incredibile, il punto di forza indiscusso di questa nazionale, il centrocampo, si sta convertendo a furia di forzature nel punto debole.
La mia non è una polemica verso Busquets in sé (buon giocatore che individualmente sta pure rendendo) né una negazione preconcetta del fatto che la Spagna possa arrivare a giocare bene anche con un sistema diverso: soltanto invoco il buonsenso di affidarsi a ciò che i giocatori conoscono meglio e sono più portati a fare.
E in questa disarmonia spagnola il Cile arriva sempre primo sul pallone, recupera facilmente col pressing e poi allestisce i suoi arrembaggi a pieno organico, insistenti e vertiginosi. Mi Chupete Querido è arrivato al torneo in condizioni improponibili, quindi Bielsa fa leva su Valdivia, cervello più raffinato dello squalificato Matias Fernández, falso centravanti alla Messi (che dico Messi… alla Honda!): sul movimento di questo, né attaccante né centrocampista, e chi se lo piglia?, parte poi in incursione dalla seconda linea il potente Beausejour, che taglia alle spalle della difesa spagnola disattivando il possibile fuorigioco. Finchè sono 11 contro 11, il sistema difensivo iberico fa acqua su questa situazione. Grande il Cile per come alterna passaggi corti, lunghi e cambi di gioco: è difficilissimo non andare mai in inferiorità numerica quando difendi contro una squadra che copre il campo così bene.
Gioca a memoria, meccanizzato all’estremo, e risulta quasi inquietante perché alla fine arrivi a non distinguere i diversi giocatori: sono tutti a turno fantasisti, attaccanti, ali e difensori. Frutto anche della polivalenza imposta con lacrime e sangue da Bielsa: i giocatori cileni, che nei primi tempi della sua gestione non capivano perché venissero sballottati di volta in volta fra fascia e centro, fra difesa, centrocampo e attacco, ora hanno il vantaggio di una superiore flessibilità mentale, la capacità di pensare da attaccanti pur essendo difensori e viceversa (uno di questi, Vidal, ha comunque avuto da sempre il privilegio di una polivalenza enciclopedica). Perché una squadra è sempre un tutto unico.
Il difetto del Cile ultraveloce però è l’incapacità di frenare in alcuni momenti: già notata una certa precipitazione contro la Svizzera, a volte la ricerca esasperata della verticalizzazione è un rischio eccessivo, e secondo come e dove perdi la palla puoi così esporre la tua difesa alta. Questo è successo anche con la Spagna, e il Cile ha sofferto situazioni puntuali di contropiede pur dominando la gara. Una di queste ha fruttato l’immeritato vantaggio spagnolo, un regalo bello e buono di Bravo, in folle uscita quando la cosa più logica sarebbe stata rimanere fra i pali e lasciare che il difensore accompagnasse verso l’esterno Torres.
E a riconferma dell’ingenuità cilena, e dell’incapacità spagnola di arrivare a creare attraverso uno straccio di gioco, anche lo 0-2 arriva da un errore cileno: stavolta un disimpegno di Jara che si fa rubare palla da Iniesta, che poi finalizzerà con classe. Il recupero di Iniesta (parte teoricamente da destra nel tridente, ma viene incontro e porta su palla, meglio di niente in mancanza di un gioco) e il solito Piqué son le uniche note positive della prestazione spagnola: ma sono completamente isolate da un contesto collettivo minimamente favorevole.
Il gol del raddoppio porta con sé anche l’errore arbitrale che condiziona il resto della partita. Cile coraggioso lo stesso, Bielsa che si gioca il tutto per tutto con un 3-3-3 nel secondo tempo (“Treccani” Vidal scala a centrocampo sulla sinistra, con Isla al centro e il neo-entrato Millar a destra; Beausejour avanza nel tridente, mentre lascia un po’ di amaro in bocca l’uscita di Valdivia per Paredes, attaccante di ruolo ma anche giocatore più limitato), e Spagna imbambolata ad inizio ripresa, perché sono i sudamericani a fare la partita e a trovare il gol con Millar deviato da Piqué, fortunoso ma meritato (passività totale della difesa spagnola nell’occasione).
Anche in superiorità numerica la Spagna sembra scricchiolare, e Del Bosque ricorre al primo cambio: Cesc per Torres (ancora negativo, anche se i suoi movimenti son sempre preziosi per allungare la difesa avversaria). Questa sì una mossa sensata: si ripropone il tourbillon in mezzo al campo, ci sono più appoggi che permettono a tutta la squadra di uscire con più facilità e prendere ossigeno, facendo finalmente valere la superiorità numerica. Xavi poi può arretrare qualche metro e soprattutto entrare di più in contatto col pallone e vedere la giocata di fronte, sulla trequarti ci va Cesc che è più capace di adattarsi alla posizione rispetto a Xavi, più verticale.
Non c’è praticamente più partita (entra anche Javi Martínez, che va destra, al posto di Xabi Alonso), perché il Cile esaurisce le energie, confida nell’incapacità offensiva della Svizzera (che dovrebbe fare due gol per passare) sull’altro campo e inizia a preoccuparsi più di non prendere gol per non alterare la differenza-reti (una volta potranno speculare un po’ anche loro? E che diamine!). Il controllo spagnolo si converte così in una melina sempre più irritante man mano che ci si avvicina al novantesimo.
VALENTINO TOLA
~
La disparità di qualità in campo poteva distruggere il match, specie dopo l'ingiusta espulsione di Estrada. Il risultato del match della Svizzera (ottimo mondiale, nonostante tutto), bloccato sul pari, ha convinto anche gli spagnoli a rallentare nel finale, però il Cile ha ampiamente fatto il suo e merita la qualificazione. Il lavoro di Bielsa è favoloso, desolante ci sia lo scopre solo oggi ma tant'è: la coperta però è corta, senza Suazo il Cile fatica troppo a trovare la via della rete. E ieri ha molto pesato anche la squalifica di Carmona: la fase di recupero palla, per riottenerla e giocarla al ritmo desiderato è la fase chiave dei cileni, e il reggino è stato uno scudiero fedelissimo in tutta la fase di qualificazione. Quello che impressiona è davvero la personalità di giocare sempre la palla: dare a Bielsa quel che è di Bielsa. Spagna sorniona ma qualitativamente superiore: i primi due gol sono un regalo, la squadra di Del Bosque si limita poi a controllare, il tempo delle battaglie deve ancora iniziare.
CARLO PIZZIGONI
CARLO PIZZIGONI
Il derby della penisola iberica a questo punto non appare così scontato come lo si poteva pronosticare qualche mese fa. Pur non avendo impressionato il Portogallo ha mostrato buona solidità difensiva (con un Carvalho in grande spolvero) e abilità nelle ripartenze: non sarà facile per questa Spagna spuntarla. Dopo Germania-Inghilterra credo sia l'ottavo di finale più incerto.
RispondiEliminaSul Cile che dire? A me il Brasile continua a non convincere del tutto e non mi stupirei di assistere ad una mezza impresa. Certo tutte queste assenze peseranno molto contro i verdeoro, che dalla loro hanno anche una non comune abilità nel gestire la partita in corsa, elemento poco riscontrato nelle altre big di questo torneo.
Tommaso.
MI ha fatto ridere tanto sentire i commentatori RAI parlare di "grande Spagna", "possesso palla magistrale", "grande Del Bosque"...sarà che sono abituati all'Italia...
RispondiEliminaIo sono d'accordo con Valentino, raramente ho visto la Spagna giocare così male negli ultimi 3 anni...completamente snaturata, sottoritmo, abiurato il possesso palla, la difesa alta, il pressing nella metacampo avversaria, addirittura incapace di ordire una trama palla a terra (se Pique inizia a sparare lancioni fuori misura manco fosse Materazzi è chiaro che c'è qualcosa che non va). Decisamente migliorata con l'ingresso di Cesc, ma troppo facile con il Cile in 10...
Mi chiedo cosa frulli nella testa di Del Bosque, secondo me la sconfitta con la Svizzera l'ha influenzato a tal punto da indurlo a giocare in maniera più cinica e difensiva per evitare altri "contragolpe", il problema è che così non si va da nessuna parte, perchè costringi i tuoi giocatori a far cose che non sanno fare...
non sono d'accordo con le cause individuate da valentino e non parlarei neanche di involuzione visto che anche all'europeo ha giocato spesso così male. piuttosto mi domando se almeno ieri vi siate accorti della melina e del contropiede.
RispondiEliminaKUBALA
@ Tommaso
RispondiEliminaPronostico totalmente incerto per l'ottavo: a me questa Spagna pare un pasticcio, ma non mi convince nemmeno il Portogallo.
Sull'altro vado più sicuro: il Cile divertirà, il Brasile vincerà.
@ Mongreal
Sì, poi ho sentito anche nel programma della Rai, 7,5 a Xavi che ha passato più o meno tutta la partita a chiedersi "chi sono? dove mi trovo?"...
Le possibilità per la Spagna secondo me sono due:
1) torna alla vecchia ricetta, snellisce il centrocampo lasciando un solo centrocampista davanti alla difesa (Aragonés faceva entrare Xabi Alonso vicino a Senna solo a vantaggio già acquisito, quando aveva già gli spazi per il contropiede) e rimette insieme Silva e Iniesta, per giocare con un 4-4-2 o un 4-5-1 con l'inserimento di Fabregas;
2) oppure va fino in fondo con questa ricetta inserendo Fabregas trequartista al posto di Xavi, perchè continuare a chiedere a Xavi una cosa che non sa fare non ha senso, e giocare tutti appiattiti e schiacciati all'indietro a centrocampo è controproducente. Meglio a quel punto mettere un giocatore con le caratteristiche di Fabregas, capace di appoggiare a centrocampo ma anche di fare l'incursore in appoggio all'attacco, molto più di Xavi. Così la Spagna probabilmente accuserebbe meno questa separazione fra i 6 dietro e i 4 davanti che vediamo ora. Anche se è chiaro che la mia soluzione preferita sarebbe la prima, pur essendo ormai difficile che Del Bosque la metta in atto.
@ Kubala
Altrochè se me ne sono accorto!
Solo che il melina e contropiede di ieri non ha nulla da spartire con il "melina e contropiede" di prima (quello dalla semifinale con la Russia in poi), il cui ritorno naturalmente invoco a gran voce.
Valentino condivido tutta la tua analisi sulla Spagna e vorrei porti una domanda sul Cile.
RispondiElimina1) Secondo me il Cile si è schierato (in situazione statica)con il 3-3-3-1 con Valdivia centravanti atipico davanti ai tre Sanchez,Beausejour e Gonzalez. Condividi?
2) A mio parere questa squadra incarna l'unica vera novità tattica del Mondiale (almeno finora), può essere?
Grazie per le tue eventuali risposte.
Edoardo Tinghi.
Ciao Edoardo, dunque:
RispondiElimina1) A me è parso un 4-3-3 (anche se con i terzini molto alti, quasi un 2-3-2-3). Valdivia partiva centravanti, come nella prima con l'Honduras, però di ruolo è un trequartista, indietreggiava molto fra le linee, mentre Beausejour partiva a sinistra nel centrocampo ma attaccava tantissimo lo spazio, sia centralmente nello spazio lasciato da Valdivia che in sovrapposizione a Mark Gonzalez.
2) Di certo la più originale e insolita. Nuova nuova no, è difficile inventare qualcosa, però di certo non si vede spesso in giro un 4-3-3 (o 3-3-1-3) come quello di Bielsa. Ha un'ispirazione olandese, penso all'Ajax di Van Gaal.
Prendila con le molle perchè non sono certo un gran conoscitore della materia, ma Bielsa dovrebbe essere stato un grande innovatore per il calcio sudamericano, perchè a questo calcio la sua filosofia all'olandese ha aggiunto una particolare sottolineatura su aspetti come il movimento senza palla, la polivalenza, l'intensità e il pressing ultra-offensivo che non sono nel patrimonio genetico del futbol sudamericano, anche nelle sue interpretazioni più offensive (solitamente le espressioni di calcio offensivo sudamericano si caratterizzano per ritmi un po' più bassi e per un ordine che tende a nascere e consolidarsi più dall'interazione spontanea dei giocatori sul campo che da una pianificazione dell'allenatore. In questo senso Bielsa è molto "totalitario", e a volte questo può essere anche un limite, non è detto).
Durante la fase di Qualificazione, sorpreso dalla difesa a 4 ho chiesto lumi a un giornalista cileno in un'intervista. Vi giro le sue consderazioni in materia: La forma de jugar no cambia en nada, solo la manera de defender
RispondiEliminacuando juga con 4 en el fondo
los laterales se paran como 3 metros por delante de los centrales
casi en linea con el volante de quite que seria carmona
si el otro rival juega con 2 delanteros y chile ataca, los centrales estan mano a mano con ellos
siempre juega al riesgo en ese sentido, pero la recuperacion es excelente
todos bajan a defender
en pocos segundos ya estan todos en sus posiciones
ademas que comienza a defender con sanchez y gonzalez
pressing en 3/4 de cancha
Sì, Carlo, effettivamente i terzini sembrano più in linea con Carmona che con i due difensori centrali.
RispondiEliminaProbabilmente nella scelta del numero di difensori può influire anche il numero di punte centrali utilizzate dagli avversari: la Spagna ne aveva una (Torres), quindi due difensori centrali; contro due punte centrali invece tre difensori. Lo dico perchè anche Cruijff al Barça alternava difesa a 3 e a 4 proprio come questo Cile, e lo giustificava proprio con questa esigenza. Poi non so le eventuali ragioni di Bielsa.