URUGUAY (4-4-2): Muslera; M. Pereira, Victorino, Godin, Caceres; Perez, Arevalo Rios, Gargano, A. Pereira (dal 33’ s.t. Abreu); Cavani, Forlan (dal 36’ s.t. S. Fernandez). (Castillo, Silva, Lugano, Eguren, Gonzalez, Scotti, A. Fernandez). All. Tabarez.
OLANDA (4-2-3-1): Stekelenburg; Boulahrouz, Heitinga, Mathijsen, Van Bronckhorst; Van Bommel, De Zeeuw (dal 1’ s.t. Van der Vaart); Robben (dal 44’ s.t. Elia), Sneijder, Kuyt; Van Persie. (Vorm, Boschker, Ooijer, Braafheid, Schaars, Afellay, Babel, Huntelaar). All. Van Marwijk.
ARBITRO: Irmatov (Uzb).
NOTE: spettatori 62.479. Ammoniti Maxi Pereira, Caceres, Boulahrouz, Sneijder. Recupero: 2’ p.t., 3’ s.t.
Esce invece l’Uruguay, la cui identità è stata piuttosto misteriosa: difesa poco tecnica con tanti passaggi a vuoto, centrocampo di onesti pedalatori ma nulla più e attacco che punta tutto sul talento e le giocate degli ottimi Forlan e Suarez, i veri protagonisti della squadra. Un Uruguay che aveva ottenuto lo spareggio contro la Costa Rica in modo quantomeno fortunoso (sfruttando l’incredibile suicidio dell’Ecuador) e che a questi Mondiali non ha mai dimostrato nulla di particolare, non convincendo in nessuna delle sue esibizioni ma arrivando incredibilmente (e molto fortunosamente) alle semifinali, per giunta con un tecnico come Tabarez che ha cambiato più moduli di gioco che biancheria intima in questo mese, evidenziando come un vero piano non ci fosse dietro la “cavalcata” uruguaiana. La squadra sudamericana arriva ad una inopinata semifinale e esce da questa pure con onore (a parte le sceneggiate viste per un minuto dopo il fischio finale dell’arbitro, per fortuna sedate subito), ma il tutto è dovuto più a qualche mese di grazia totale piuttosto che a qualche reale merito tecnico o tattico (escludendo ovviamente i due grandi attaccanti, loro sì molto meritevoli).
Non è stata una grande semifinale sul piano tecnico, ma di fatto nessuna delle sei partite dell’Olanda ha avuto un grande livello e una grande pulizia tecnica: la squadra di Van Marwijk arriva in finale grazie ad un calcio cinico ma raramente brillante, più teso a trovare la fiammata vincente che un gioco di qualità. Si attende qualcosa di realmente brillante dagli Orange ma di fatto la versione più convincente è stata quella di questo secondo tempo, quando la squadra ha alzato il ritmo, ha provato a forzare i tempi e a vincerla di forza, un tentativo che ha funzionato e ha fatto sì che l’Olanda meriti questa finale.
La partita si accende un po’ nella ripresa, dopo un primo tempo di bassissimo spessore tecnico e tattico. L’Olanda parte in maniera soft, faticando a prendere in mano il gioco ma trovando comunque il vantaggio con la gran fucilata di Giovanni Van Bronckhorst diretta all’incrocio dei pali. Sembra l’episodio che può mettere in discesa il match, ma gli Orange deludono totalmente nella gestione del vantaggio, andando soltanto ad abbassarsi provando ad addormentare la partita e non provando a chiudere i conti, puntando forse eccessivamente sul contropiede vincente anche se la squadra non riesce proprio mai a ripartire con pericolosità. In questo modo l’Uruguay ha continuità di gioco, mostrando i propri limiti tecnici e nulla di realmente interessante ma trovando comunque un gran tiro di Forlan che sfrutta l’effetto Jabulani e batte uno Stekelenburg piuttosto rivedibile (Jabulani o non Jabulani, questo è un errore grave). A corollario del primo tempo c’è la tremenda scarpata rifilata con violenza da Caceres e De Zeeuw nel suo tentativo di rovesciata: in questi Mondiali si son viste tante espulsioni ridicole (incredibile quella di Gourcuff), ma Caceres se la cava con un giallo. Si può discutere sulla reale intenzionalità, ma questo è chiaramente un cartellino rosso: se non ti rendi conto che non puoi andare in rovesciata con quella violenza quando c’è un avversario ad un metro, non puoi stare su un terreno di calcio. Davvero increscioso.
Proprio De Zeeuw per questo colpo deve uscire all’intervallo (sospetta frattura della mandibola) ed è questa la scossa per l’Olanda, perché entra Van der Vaart in mediana e la squadra gioca in modo più offensivo, provando maggiormente a sfondare, con tutti gli elementi offensivi più attivi. Il più deludente tra i quattro elementi offensivi titolari dell’Olanda fin qui era stato Robin Van Persie, che però in questo secondo tempo sembra darsi una piccola svegliata, giocando i 45 minuti migliori dei suoi Mondiali: la punta diventa molto più attivo, molto più presente, capace di regalare un appoggio ad una squadra che gioca più veloce, che spinge con più coraggio e (pur non trovando particolare brillantezza) fa sfiancare l’Uruguay. Questo anche perché la squadra di Tabarez prova a rispondere con un grande pressing, portando due elementi costantemente sul portatore di palla, un lavoro che funziona anche molto bene nei primi minuti ma che porta il centrocampo a faticare sul piano fisico. Per la prima volta nel Mondiale la squadra di Tabarez perde dinamismo e per questo la pressione dell’Olanda diventa forte fino al gol piuttosto fortunoso realizzato da Sneijder, che sfrutta una leggera deviazione, un Muslera (ancora mai del tutto convincente) lento come un ippopotamo nel buttarsi a terra e il velo di Van Persie, il quale era anche in leggera posizione di fuorigioco: è però un fuorigioco di non più di 10 cm, una segnalazione impossibile per il guardalinee, non certo un tipo di fuorigioco per cui scandalizzarsi (come qualche media italiano ha fatto in maniera comica). Per queste situazioni decise da pochi centimetri bisogna avere un po’ di apertura mentale e comprendere l’errore, oppure proprio non considerarlo tale per i limiti dell’occhio umano. La reazione dell’Uruguay viene subito soffocata poi dall’ottima incornata di Arjen Robben, in una serata strana perché sbaglia tutto con i piedi ma segna un gran gol di testa: se Sneijder e Robben segnano due gol di testa in due partite, forse c’è qualche segnale positivo anche dal fato.
L’Uruguay si risveglia nel finale accendendo il recupero con il gol del 2-3, ma il risultato non cambia e ad avanzare è l’Olanda, alla sua terza finale della storia: per la prima volta però gli Orange non troveranno i padroni di casa (come la Germania Ovest nel ’74 o l’Argentina nel ’78), visto che per la prima volta una Nazionale europea riuscirà a vincere un Mondiale organizzare fuori dal continente europeo. Ci sarà una finale tra novità assolute (ovvero tra squadra mai salite sul tetto del Mondo) contro la Spagna o gli Orange si ritroveranno di fronte nuovamente la Germania (stavolta unita), alla caccia del quarto titolo? Si potranno fare mille discorsi sul gioco dell’Olanda che non decolla, ma questa è una Nazionale che ha vinto 17 delle ultime 18 partite ufficiali giocate (in mezzo solo la sfida contro una grandissima Russia, persa solo ai tempi supplementari contro il connazionale Hiddink) e allora non è il caso di avanzare critiche o porre punti interrogativi superflui (anche se si è molto amanti dell’estetica calcistica, come il sottoscritto), perché chiaramente Van Marwijk ha puntato tutto sul cinismo e finora le grandi individualità (Sneijder e Robben su tutti) gli hanno dato ragione, raggiungendo un grandissimo traguardo come la finale dei Mondiali.
SILVIO DI FEDE
Interessanti le scelte di Tabarez: il Maestro non trova garanzie in Abreu e abdica al tridente che lo ha portato nel club delle magnifiche quattro, dunque piazza Gargano al fianco di Arevalo Rios, allarga la posizione di Perez e Alvaro Pereira e propone in avanti il tandem Cavani-Forlan, col biondo Diego a svariare dietro l'attaccante del Palermo; Van Marwijk invece non cambia assetto e si limita a sostituire gli squalificati Van de Wiel e De Jong con Boulahrouz e De Zeeuw. La partita, inizialmente lenta e bloccata anche per l'ottimo pressing esercitato dall'Uruguay a partire dai due generosissimi ataccanti, si sblocca grazie a un siluro di Van Bronckhorst; l'Olanda sembrerebbe avvantaggiarsi, tuttavia la Celeste non si scopre attaccando scriteriatamente e non porge il fianco al contropiede orange. Creano poco, i sudamericani, però mantengono le giuste distanze e aspettano con pazienza certosina l'episodio che sovente, sotto forma di giocata estemporanea, ha risolto le loro precedenti partite. Ed ecco che al 41' Forlan prende palla, si beve il proprio marcatore con una finta e spara un sinistro, invero centrale, sul quale Stekelenburg è poco reattivo, anche se va detto che il cambio di direzione del pallone (il solito effetto-Jabulani) è davvero evidente. La ripresa vede un Uruguay che gioca meglio degli orange, con maggior personalità e frescheza fisica rispetto al primo tempo; la Celeste sfiora il gol con Alvaro Pereira (pallonetto salvato sulla linea da Van Bronckhorst), come sempre bravissimo, e si fa vedere con una punizione di Forlan, ma finisce per cadere nel suo momento migliore. Il gol di Sneijder, rocambolesco e viziato da un fuorigioco attivo di Van Persie, taglia le gambe agli uomini di Tabarez , definitivamente seppelliti dalla rete di testa di Robben dopo due minuti. L'Olanda stavolta riesce a congelare la partita, anche se il gol di Maxi Pereira a tempo scaduto rischia di complicare le cose: l'Uruguay adotta lo schema "in the box" cercando la testa del Loco Abreu, trova un paio di mischie da brivido ma non riesce a segnare il pari. La squadra di Tabarez merita comunque molti elogi: non sarà esteticamente pregevole e non giocherà secondo dettami tattici innovativi, però sa far bene le poche cose che il suo allenatore richiede (fase difensiva - tolto il Caceres inguardabile di stasera -, aggressività sulle secondo palle, dialogo fitto tra i talentuosi attaccanti) ed è stata sicuramente la miglior formazione di questo Mondiale in rapporto alla qualità complessiva della rosa. L'Olanda continua a non convincere i media nostrani, che evidentemente quando vedono arancione pensano solo al calcio totale; gli orange sono un inno all'efficacia e sanno andare in rete non appena spingono di più, non perdono da un'era geologica fa e sono sorretti da un'eccellente condizione psicofisica(nonché da una buona dose di fortuna): che sia la volta buona per i tulipani?
EDOARDO MOLINELLI
Una partita piena di emozioni, fino alla fine, anche se dai contenuti tecnici e tattici modesti, come previsto. Certo ha vinto la squadra coi miglior giocatori. E loro hanno fatto decisamente la differenza, nonostante il fenomenale Forlan (che ha giocato pure da infortunato), mio personale MVP di questo Mondiale. L'Uruguay ha trovato un pertugio nel tabellone e si è inserito, con merito, anche se ha rischiato diverse volte di uscire (clamorosa la partita col Ghana): arrivare fin qui è davvero grasso che cola, vista la modesta proposta di calcio della squadra di Tabarez. L'Olanda ha un potenziale offensivo forse superiore anche a quello degli spagnoli, tuttavia non mi trovano d'accordo le analisi che leggo in giro sul mutamento di atteggiamento rispetto ai Tulipani degli anni '70. La squadra di van Marwijk non è una squadra cinica, pragmatica che mira solo al risultato: se così fosse avrebbe una struttura difensiva che invece non ha nemmeno per sogno. Sicuro, difende con molti uomini che tengono bene la posizione, ma l'analisi tattica della fase difensiva si ferma qui, dato che nemmeno la transizione mi pare risponda a principi chiari. Levato il Brasile, ha avuto un calendario comodo che ha sfruttato benissimo, e quasi mai brillando. Ma i Robben e gli Sneijder non ce li ha nessuno...
CARLO PIZZIGONI