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sabato 26 giugno 2010

Uruguay-Corea del Sud 2-1: Suarez (U) al 7' p.t; Chung-Yong (S) al 23', Suarez (U) al 35' s.t.



URUGUAY (4-3-1-2): Muslera; Maxi Pereira, Lugano, Godin (1'st Victorino), Fucile; Diego Perez, Arevalo, Alvaro Pereira (24' st Lodeiro); Forlan; Suarez (40' st A.Fernandez), Cavani. (Castillo, Silva, Gargano, Eguren, Abreu, I.Gonzalez, Scotti, S.Fernandez, Caceres). All. Tabarez.

COREA DEL SUD (4-4-1-1): Sungryong; Cha Du-Ri, Yong-hyung, Jung- Soo, Young-Pyo; Jae-Sung (16' st Dong-Gook), Jung-Woo, Sung-Yeung (40' st Ki-Hun), Chung-Yong; Park Ji-Sung; Chu-Young. (Woon-Jae, Young-Kwang, Beom-Seok, Hyung-il, Nam-Il, Bok-Young, Jungh-Wan, Seung-Yeoul, Dong-Jin, Min-Soo). All. Huh.

ARBITRI: Stark (Germania)

NOTE: spettatori 40.000 circa. Angoli: 3-3. Ammoniti: Jung-Woo, Yongh-Yung. Recupero: 1'; 3'.



Un terreno di gioco indecoroso che con la forte pioggia del secondo tempo peggiora ulteriormente, un arbitraggio pessimo (anche se gli errori sono più o meno equamente suddivisi) e una squadra dalla mentalità decisamente speculativa: c’è tutto perché il primo ottavo di finale di questi Mondiali diventi un match piuttosto dimenticabile, ma a rendere divertente il match c’è la Corea del Sud che mostra un buon calcio e nel secondo tempo domina per lunghi tratti. Il gioco del calcio però spesso e volentieri sa esprimere verdetti illogici e allora ad avere la meglio è la squadra che meno avrebbe meritato la vittoria, un Uruguay che trova gli episodi giusti in 90 minuti mal giocati e male interpretati.

La Corea del Sud si fa decisamente preferire, ma paga una certa indisciplina difensiva vista nel primo tempo, con la linea a quattro e il portiere che hanno commesso degli errori davvero banalissimi, rischiando più e più volte il capitombolo: non a caso, il gol che sblocca il match arriva proprio su un cross di Forlan davvero mal giudicato da Jung Sung-Ryong, per l’ennesima papera di un portiere a questi Mondiali. La squadra di Huh Jung-Moo prende in mano decisamente il gioco già nel primo tempo ma senza convinzione, scuotendosi decisamente nella ripresa alzando i ritmi, cercando le combinazioni continue tra i mobilissimi quattro elementi offensivi e creando occasioni, ma peccando di un altro elemento per essere decisivo ai fini del risultato finale, ovvero l’incisività negli ultimi metri: con un killer da area di rigore, la squadra sudcoreana con ogni probabilità avrebbe portato a casa la vittoria, quantificando meglio le grandi occasioni avute. Il gol del pareggio arriva su un doppio errore di Victorino e Muslera in mischia, ma Lee Chung-Yong dopo il gol del pareggio fallisce una grandissima occasione con una finalizzazione pessima e nel finale anche Lee Dong-Gook combina un pasticcio sprecando un’enorme chance: il buon Park Chu-Young ha ottime movenze ma non è il tipico attaccante di area di rigore, quanto più una seconda punta, così come gli altri trequartisti sono bravissimi in appoggio ma non sono stati concreti negli ultimi metri. E’ la mancanza che costa carissimo alla Corea del Sud, che nella ripresa aveva reagito alla grande.

Gli episodi e un grande Luis Suarez premiano oltremodo l’Uruguay, che come sempre pratica un calcio piuttosto speculativo e mai del tutto convincente: anche in questo torneo per la maggior parte del tempo la squadra di Tabarez ha pensato a coprirsi, facendolo però decisamente meglio rispetto a questo secondo tempo, quando la squadra non riusciva mai ad uscire per respirare, perdeva metri e appariva in totale affanno fino al gol del pareggio. Nel primo tempo l’Uruguay ha lasciato all’avversario in mano il gioco difendendo il gol di vantaggio ma lo aveva fatto abbastanza bene, non subendo molto negli ultimi metri anche grazie a tante buone chiusure di Diego Godin: la sua uscita dal campo (quasi sicuramente per i problemi fisici che lo avevano tenuto fuori anche per il match contro il Messico) è stata pagata decisamente dalla squadra, perché Diego Lugano ha temperamento ma poca lucidità mentre Victorino ha fatto parecchi danni apparendo spesso fuori posizione. Il centrocampo con onesti pedalatori ma con poca qualità non aveva aiutato e allora i tre attaccanti si erano trovati del tutto isolati (oltretutto, Cavani è stato abbastanza un fantasma in campo), per una squadra spaccata in due e in sofferenza. Sul piano tecnico e tattico la partita è totalmente nelle mani della Corea del Sud, ma a sfuggire a questi dettagli razionali c’è Luis Suarez, vero e proprio trascinatore dell’Uruguay in questo match: dopo il gol di rapina del primo tempo, nella ripresa trova dal nulla un tiro a giro fenomenale vincendo quasi da solo la partita e nascondendo i difetti dei compagni di squadra. Straordinario.

Avanza allora l’Uruguay delle individualità e del calcio speculativo: in fase di costruzione però il livello medio non è certo soddisfacente e nemmeno questa mentalità improntata un po’ troppo alla difesa del risultato e alla ricerca dell’episodio (mentalità un po’ tipica della scuola uruguaiana) può convincere più di tanto. Sarebbe stato decisamente più interessante vedere ai quarti di finale questa Corea del Sud frizzante, con ottima organizzazione e movimenti sempre molto collaudati: probabilmente però alla squadra di Huh Jung-Moo sono mancate quelle individualità di spicco che invece l’altra asiatica rimasta in corsa (ovvero il Giappone) ha. Di certo, i sudcoreani hanno peccato di concretezza e nel corso del torneo (pensando anche al match contro la Nigeria) sono stati parecchio indisciplinati in difesa: è un peccato, perché la Corea del Sud ha lasciato intravedere momenti brillanti in un torneo mediamente piuttosto scadente e poco divertente.

SILVIO DI FEDE

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Se amate l'estetica, il "futbol bailado" e altre amenità del genere l'Uruguay non è e non sarà mai la vostra squadra in questo Mondiale, ma da oggi tutte le altre pretendenti al titolo dovranno fare seriamente i conti con la Celeste del Maestro Tabarez. Che efficacia, che solidità difensiva e che sfoggio di attaccanti di livello hanno i sudamericani, tornati a qualificarsi ancora una volta per i quarti di finale della Coppa del Mondo quarant'anni dopo Mexico '70, dove si arresero solo allo strabiliante Brasile di Pelé, Jairzinho, Rivelino e Tostao. La Corea del Sud non ha giocato male, anzi ha dominato lunghi tratti della ripresa, ma ha mostrato tre difetti davvero a mio avviso imperdonabili: un attacco sprecone, una difesa impresentabile e una tenuta psicologica non ottimale, motivi che mi spingono ad andare controcorrente e ad affermare che questa non mi è sembrata la squadra degna di tutte le attenzione che le sono state finora tributate. Gli asiatici fanno tanto movimento e praticano un buon calcio, cercando sempre di far correre la palla a terra e di ragionare, tuttavia non mi convincono del tutto; d'altra parte, già con la Nigeria avevano rischiato fortemente di uscire, mostrando di soffrire oltremodo avversari fisici e rabbiosi. ancorché meno orgaizzati tatticamente. All'Uruguay sono bastate due fiammate per passare il turno: prima hanno sfruttato un errore da terza categoria dell'intera difesa degli asiatici (sul cross basso di Forlan Sung-Ryong non è il solo responsabile, visto che i quattro davanti a lui hanno dormito), quindi hanno accelerato dopo il gol del pari e hanno spinto senza fatica i sudcoreani nella propria metà campo, trovando il 2-1 grazie alla magia di Suarez. Nel mezzo, un controllo senza affanni nel primo tempo e una grande sofferenza nel secondo, dovuta anche all'uscita dal campo di un impeccabile Godin (Victorino non è piaciuto, perché non provare Caceres?). In generale, insomma, mi ha convinto molto di più l'Uruguay, che non giocherà a mille all'ora e non avrà grandi palleggiatori nel mezzo, ma che finora ha incassato solo un gol e sa fare malissimo quando attacca grazie alle qualità dei suoi uomini di punta. E se la sudamericana meno accreditata finisse per essere una delle grandi sorprese del torneo...?

EDOARDO MOLINELLI

martedì 22 giugno 2010

Nigeria-Corea del Sud 2-2: Uche (N) al 12', Lee Jung Soo (C) al 37' p.t.; Park Chu Young (C) al 3', Yakubu (N) al 24' s.t.




NIGERIA (4-4-2): Enyeama; Odiah, Yobo (1' s.t. Echiejile), Shittu, Afolabi; Obasi, Etuhu, Yussuf Ayila, Uche; Kanu (12' s.t. Martins); Yakubu. All. Lagerback.
Panchina: Ejide, Aiyenugba, Taiwo, Utaka, Haruna, Ideye, Odemwingie , Obinna, , Adeleye.

COREA DEL SUD (4-4-1-1): Jung Sung Ryong; Cha Du Ri, Cho Yong Hyung, Lee Jung Soo, Lee Young Pyo; Lee Chung Yong, Kim Jung Woo, Ki Sung Yueng (dal 42' s.t. Kim Jae Sung), Park Ji Sung; Yeom Ki Hun (dal 19' s.t. Kim Nam Il); Park Chu Young (48' s.t. Kim Dong Jin),. All: Huh Jung Moo.
Panchina: Lee W. Jae; Kim Young Kwang; Oh Beom Seok; Kim Hyung II, Kim Bo Kyung; Ahn Jung Hwan; Lee Seung Yeoul; Lee Dong Guk; Kang Min Soo.

ARBITRO: Benquerenqa (Portogallo)
NOTE: Ammonito Enyeama, Obasi, Yussuf Ayila


Tanti rimpianti e occasioni sprecate da mangiarsi le mani per la Nigeria, proprio nella serata in cui le Aquile sfoderano la loro migliore versione. Seconda qualificazione agli ottavi nella storia della Corea del Sud, grande traguardo per un movimento consolidatosi su livelli più che dignitosi.

Piacevolissimo il primo tempo della Nigeria, finalmente si muove in armonia, senza allungarsi e senza perdersi in azioni precipitose. Salgono puntuali i terzini (soprattutto Odiah a destra) e domina il centrocampo, rafforzato sulla trequarti dal sapiente tocco di un Signore del Calcio come Nwankwo Kanu, vecchio e poco mobile ma sempre importante per la capacità di trattenere il pallone e far giocare meglio chi gli sta attorno. Lega i reparti Nwankwo, mentre Obasi e Kalu Uche sono ficcanti come esterni alti pronti anche per tagliare alla conclusione. Così arriva il meritato vantaggio di Uche, che poi malmena il palo con un terrificante destro da fuori che quasi vale il 2-0.
La Nigeria è ben messa in campo prima ancora che dominante dal punto di vista atletico (i coreani hanno la corsa, si sa, ma una volta che entrano in contatto uomo contro uomo non c’è storia), ma si abbatte al primo episodio sfavorevole: il signor Lee Jung-soo, di mestiere difensore centrale, ribadisce una sorta di sesto senso sottoporta sui calci piazzati nell’area avversaria, e da lì in poi il calo della Nigeria è netto, e si estende a tutta la ripresa, nonostante proprio nel secondo tempo gli africani sprechino le occasionissime che rimpiangeranno nei secoli a venire. Era già una Nigeria più estemporanea, a sprazzi, disorganizzata nelle avanzate e nel pressing, anche se andata a tanto così dalla qualificazione.

Così passa la Corea del Sud, che conferma pregi e difetti. È un libro aperto questa squadra: sostanzialmente, una compagine debole nelle due aree. Gli asiatici sanno organizzarsi come blocco, accorciare collettivamente in fase di non possesso, però in situazioni puntali denotano incertezze notevoli a livello di singolo giocatore o reparto. Il gol dell’1-0 nigeriano è una gaffe clamorosa di tutta la linea difensiva, non solo di Cha Du-ri che si addormenta sulla diagonale, ma anche dei centrali che non anticipano sul cross di Odiah. Altre situazioni così in cui si dimostra la sofferenza del reparto arretrato, peraltro già intravista sui banalissimi cross dei greci nella prima partita.
In fase di possesso, la Corea del Sud è una squadra propositiva, ma eccessivamente lineare, oltre che tendente a scadere su ritmi troppo bassi quando deve organizzare sin dalle retrovie e non ha la possibilità di ripartire subito nella trequarti avversaria. I terzini si alzano (entrambi validi, più tecnico e tattico il veterano Lee Young-pyo, più verticale Cha Du-ri), mentre la gran parte dei palloni passa da Kim Jung-woo (quello del saluto militare), il regista che si abbassa talvolta anche sulla linea dei difensori per iniziare il gioco, mentre il ventunenne del Celtic Ki Sung-yueng tende ad accompagnare il gioco in zone più avanzate, come incursore.
Il fiore all’occhiello è il settore avanzato, tre mezzepunte e un attaccante. Park Ji-sung è il boss, si muove dove gli pare, con il suo arcinoto dinamismo e le sue letture senza palla; Yeom Ki-hun è il più centrocampista dei tre, un mancino più portato a venire incontro al portatore di palla e dialogare sulla trequarti che ad affondare l’inserimento, e si regola in base ai movimenti di Park, alternandosi fra il centro e la sinistra; Lee Chung-young è invece il più esterno, quello che ha nelle corde il dribbling e la fuga sul fondo.
Davanti, il mobilissimo Park Chu-young: gran parte delle azioni offensive della Corea del Sud nasce dai suoi tagli dentro-fuori. Lui non è una prima punta, un riferimento classico, e con questi movimenti cerca di allargare la difesa nello spazio fra i centrali e i terzini avversari, cercando così di propiziare i contro-tagli, dall’esterno verso l’interno, di Lee Chung-yong e Park Ji-sung, nello spazio appena creato. Se non si creano i presupposti della finalizzazione immediata, la Corea allora rigioca palla lateralmente sulla sovrapposizione dei terzini. Queste sono le linee del gioco coreano di solito, sviluppato palla a terra, anche con buona proprietà di palleggio ma come detto troppo lineare, senza alcuna creatività. Non è un caso che i gol della Corea siano arrivati finora da tre calci piazzati e due erroracci in disimpegno dei difensori avversari (contro Grecia e Argentina).Tutto qui.
E inoltre, la mancanza di peso in area di rigore: chissà, un’idea potrebbe essere giocarsi il veterano centravanti Lee Dong-gook al posto di Yeom Ki-hun, anche per vedere come si muoverebbe Park Chu-young senza l’incombenza di dover creare spazi lui per gli altri ma anzi approfittando di un’altra punta che impegna i centrali avversari e viceversa gli spazi li crea a lui.
Altra carenza la gestione del vantaggio: la Corea del Sud ha provato ad addormentare il possesso-palla inserendo un centrocampista difensivo in più (Kim Nam-il per Yeom Ki-hun), ma ha soltanto regalato palloni pericolosi sulla propria trequarti alla Nigeria (e poi il fallo da rigore di Kim Nam-il sul 2-2, una vaccata inenarrabile ancora di più per uno che dovrebbe essere uno dei leader carismatici della squadra).
O ritmi alti o niente per questa squadra. E la sensazione è che l’Uruguay abbia la capacità di abbassare scientificamente i ritmi e che sia sufficientemente “hijoputa” (in senso buono) nelle due aree per porre fine all’avventura degli uomini di Huh Jung-moo.

VALENTINO TOLA

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Ieri abbiamo assistito ad una partita incredibile, per quanto erano agli antipodi le due squadre. La Nigeria solo fisica, con i ruoli come 50 anni fa, senza linee di difesa e centrocampo messe correttamente in campo. Un calcio antico fatto di forza e velocità con la palla. Dall’altra la squadra più organizzata del Mondiale, insieme al Cile di Bielsa, con un centrocampo fantastico per i ritmi che riesce a gestire e per i movimenti senza palla. L’attacco poi è uno dei migliori del Mondiale perché riesce a crearsi azioni da gol senza che nessuno degli attaccanti sia più veloce, forte e abbia più tecnica del difensore. Alla fine ha vinto la Corea, pareggiando, forse una benedizione, forse la fine del calcio irrazionale.

JVAN SICA

giovedì 17 giugno 2010

Argentina-Corea del Sud 4-1: 17' Park Chu-Young (ag), 33', 76', 80' Higuain; 46' Lee Chung-Yong



ARGENTINA (4-3-3): Romero; Gutierrez, Demichelis, Samuel (23'pt Burdisso), Heinze; Maxi Rodriguez, Mascherano, Di Maria; Messi, Tevez (25'st Aguero), Higuain (36'st Bolatti). (Pozo, C.Rodriguez, Veron, Garce, Otamendi, Palermo, Milito, Andujar, Pastore). All.: Maradona.

COREA DEL SUD (4-2-3-1): Jung Sung-ryong; Oh Beom-seok, Lee Jung-soo, Cho Yong-Hyung, Young-Pyo Lee; Kim Jung-woo, Ki Sung-Yueng (1'st Kim Nam-il); Lee Chung-Yong, Park Ji-sung, Yeom Ki-Hun; Park Chu-young (36'st Lee Dong-gook); . (Lee Woon-jae, Kim Young-kwang, Kim Hyung-il, Kim Dong-jin, Kang Min-soo, Kim Bo-kyung, Ahn Jung-hwan). All.: Huh Jung-moo .

ARBITRO: De Bleeckere (Belgio)

NOTE: pomeriggio soleggiato, terreno in buone condizioni. Spettatori 40mila circa. Ammoniti Ki-Hun, Chu Young Park, Gutierrez, Mascherano, Heinze. Angoli 6-2. Recuperi: 1'; 2'.


Io Argentina-Grecia non la guarderò, so già cosa mi aspetta. L'Albiceleste partirà forte, la metterà dentro su calcio piazzato e quindi addormenterà la partita fino ad addormentarsi lei stessa, concedendo agli avversari occasioni su occasioni per riportarsi in partita. Poi Messi s'incazzerà: se in porta c'è Enyeama saranno cavoli amari, se in porta c'è qualcun altro Messi segnerà o farà segnare.
Da cosa ho dedotto tutto ciò? Da Argentina-Corea del Sud, replay di Argentina-Nigeria con Higuain in forma e Jung Sung-Ryong tra i pali. Lasciato fuori Veron, Maradona ha estratto dal cilindro - prossimamente indosserà anche quello in panchina - un 4-1-4-1 con Mascherano a protezione della difesa, Maxi Rodriguez e Di Maria sugli esterni ad accompagnare il triangolo d'attacco composto da Messi, Tevez ed Higuain. Affidandosi all'estro ed alla garra - vero, Carlitos? - dei singoli, l'Argentina s'è procurata i calci piazzati da cui è scaturito il doppio vantaggio, poi sapientemente amministrato fino all'erroraccio di Demichelis, magnanimo nel regalare a Lee Chung-Yong il gol della speranza.
Nella ripresa, come già contro i nigeriani, l'Argentina ha rischiato di farsi riagguantare: a Yeom Ki-Hoon ed alla sua pessima mira i ringraziamenti di Maradona e del suo abito da sposo, magistralmente abbinato agli zirconi incastonati nei lobi. Poi Messi s'è incazzato, ha dribblato mezza Corea del Sud, incassato la parata di Jung Sung-Ryong e consentito ad Higuain di segnare dopo aver baciato il palo sulla respinta del portiere. Sempre «el Pipita» ha chiuso i conti siglando il gol del 4-1 su invito di Agüero, ispirato ovviamente da Messi.
L'Albiceleste vista fino ad ora, nonostante il doppio successo, non mi convince del tutto: Messi, Tevez, Higuain e compagnia bella possono risolvere da soli una partita finché si gioca contro Corea del Sud e Nigeria, ma le amnesie difensive e l'idiosincrasia per il gioco di squadra potrebbero tarpare le ali a quest'Argentina.

ANTONIO GIUSTO

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Argentina spedita: forse non è stato un test pienamente attendibile, ma cresce l’autostima, si delinea una fisionomia e soprattutto si creano occasioni e si segna con una facilità che le altre squadre si sognano. Corea del Sud fortemente ridimensionata: evidenti le carenze di personalità ma anche tecniche.

L’errore principale della Corea del Sud è una condotta eccessivamente attendista: va benissimo sullo 0-0 cercare densità e baricentro basso nella propria metacampo, ma non ha nessun senso dopo il prematuro vantaggio argentino (maldestro autogol di Park Chu-young).
L’unica arma sulla quale poteva puntare la Corea era il ritmo, l’aggressività. Anzitutto pressare alto l’inizio dell’azione argentina (non del tutto sicuro con Demichelis, Samuel, Mascherano e ancora di più con l’assenza di Verón, che in rosa non ha sostituti e viene infatti rimpiazzato da un giocatore completamente diverso come Maxi Rodríguez), poi proporre quello che è il loro pane, le sovrapposizioni, il dinamismo, che avrebbero potuto colpire l’Argentina che con tutti quegli attaccanti ed esterni poco portati al ripiegamento è suscettibile di inferiorità numerica. Macchè, più che la Corea del Sud è sembrata una Colombia con gli occhi a mandorla, ma senza nemmeno il palleggio sudamericano. Timidissimi gli asiatici, bassi bassi anche dopo lo svantaggio, con tutti i limiti del caso quando si son trovati costretti a rilanciare il gioco dalla propria area invece che ripartire in velocità.
Così Demichelis e Samuel non hanno trovato nessun disturbo e Mascherano si è trovato agevolmente deresponsabilizzato in fase di impostazione perché arrivando facilmente a metacampo il pallone, l’Argentina ha potuto affidarsi agli autentici motori del proprio gioco: Tévez e Messi.
I due partono da una posizione di trequartisti ma si abbassano a turno per prendere il pallone, fluttuano tra le linee e attivano tutto il fronte offensivo con grande intelligenza oltre che magnifica proprietà di palleggio. Ne beneficia il triplettista Higuaín (un po’ meno Di Maria, ancora deve entrare nel vivo), che rispetto alla Nigeria tiene una posizione più chara di riferimento avanzato.
Ci vuole solo un regalo di Demichelis per rimettere in pista la Corea, che comunque va vicina addirittura al 2-2 nella ripresa quando Yeom Ki-hun (mancino che si alterna con Park Ji-sung fra fascia sinistra e trequarti) sciupa clamorosamente la prima azione decente, in velocità e con sovrapposizioni, di tutta la partita coreana.
Un po’ così l’attitudine argentina nella ripresa, un po’ di melina tanto per, e l’attesa dell’azione giusta di rimessa o dell’invenzione dei fenomeni. Fa malissimo anche così l’Albiceleste, esaltandosi pure col subentrato Agüero.

VALENTINO TOLA

sabato 12 giugno 2010

Corea del sud-Grecia 2-0: Lee Jung-soo 7' p.t.; Park Ji-sung 7' s.t..



COREA DEL SUD (4-4-2): Jung Sung; Cha Du Ri, Cho Yong, Lee Jung, Lee Yong; Lee Chung (45'st Kim Jae), Ki Sung (30'st Kim Nam), Kim Jung, Park; Park Chu (42'st Lee Seung), Yeom Ki. (A disp. Lee Woon, Kim Young, Oh Beom, Kim Hyung, Kim Dong, Kang Min, Kim Bo, Ahn, Lee Dong). All.: Huh

GRECIA (4-3-3): Tzorvas; Seitaridis, Papadopoulos, Vyntra, Torisidis; Tziolis, Katsouranis, Karagounis (1'st Patsatzoglou); Charisteas (16'st Kapetanos), Gekas, Samaras (14'st Salpingidis),. (A disp. Chalkias, Sifakis, Spiropoulos, Moras, Papastathopoulos, Kyrgiakos, Malezas, Ninis, Prittas). All.: Rehhagel

ARBITRO: Hester (Nzl)

NOTE: giornata di sole, terreno in buone condizioni, spettatori 40.000 circa. Ammonito: Torisidis (G); angoli: 11-6 per la Grecia. recupero: 0', 2'.

Avevo grandi aspettative nei confronti della Corea del Sud in vista di questo Mondiale. Un collettivo interessante, forgiato negli anni da una serie di tecnici autoctoni e olandesi (Hiddink, Bonfrere, Advocaat, Verbeek) che hanno dato un'impronta di gioco chiara agli asiatici. A questo si aggiunge una generazione di giocatori di qualità (Park Ji-Sung, Park Chu-Young, Lee Chung-Yong) autori di una stagione sopra le righe in Europa, in squadre e campionati di primo piano. Nella gara d'esordio in Sudafrica la squadra ora guidata da Huh Jung-Moo (già tecnico nel '95 e tra il '98 e il 2000) non ha tradito le attese, dominando sul piano del gioco e della corsa una Grecia francamente inguardabile, brutta copia (ma non troppo) della squadra Campione d'Europa nel 2004. Rehhagel sceglie un 4-5-1 di Mourinhana ispirazione, con interpreti, purtroppo per lui, un po' diversi: Charisteas e Samaras esterni offensivi alla Eto'o - Pandev fanno rabbrividire, il povero Gekas là davanti fa quel che può, Karagounis e Katsouranis in mezzo al campo fanno sembrare il compagno di reparto Tziolis il fenomeno che non è. Se a questo si aggiunge una difesa da brividi, con Vyntra e Papadopoulos costantemente in difficoltà, il 2-0 finale per la Corea è quasi lapalissiano. Gli asiatici rischiano in avvio sugli sviluppi di un calcio d'angolo, ma pochi minuti dopo trovano il vantaggio con il centrale Lee Jung-Soo, completamente dimenticato dalla difesa ellenica. La partita in pratica finisce qui. Il piano ostruzionistico di Rehhagel va a farsi benedire e la Grecia non ha assolutamente le armi per creare problemi alla pur discutibile difesa coreana, spesso troppo bassa sui cross dalla tre quarti degli avversari e poco protetta da un centrocampo tecnicamente abile ma poco fisico. Poco male per Park e soci, che controllano piuttosto agevolmente il vantaggio, riuscendo anche a ripartire bene con fraseggi di prima e un movimento continuo che non dà punti di riferimento alla difesa greca, già piuttosto in difficoltà di suo. Utilissimo il lavoro di Park Chu-Young, interessantissimo attaccante del Monaco a cui manca solo un po' di lucidità sottoporta (notatasi anche nella partita odierna). Il 2-0 di Park Ji-Sung nella ripresa è un concentrato di tecnica e intelligenza, frutto di un movimento classico del giocatore del Manchester, bravissimo ad infilarsi nel burro della difesa avversaria e freddo nel battere il discreto Tzorvas in uscita. Nel finale la Grecia mette un po' di pressione agli asiatici alzando leggermente il baricentro e fornendo a Gekas un paio di palloni giocabili al centro dell'area, ma è troppo poco per invertire la rotta di un match ormai segnato. Per la Corea si aprono interessanti scenari: anche perdendo la prossima gara contro l'Argentina, gli asiatici potranno comunque giocarsi la qualificazione nell'ultima gara del girone con la Nigeria che, Lagerback permettendo, dovrebbe essere a questo punto l'avversaria numero uno per la qualificazione (fatto salvo il primo posto dell'Argentina).

GIULIANO ADAGLIO

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Con una rete per tempo, entrambe siglate al 7', la Corea del Sud inaugura nel migliore dei modi il proprio Mondiale, sconfiggendo la Grecia 2-0 nella prima partita del gruppo B. A Port Elizabeth è fin dai primi minuti netto il predominio territoriale e non solo degli asiatici, che si candidano a diventare una delle principali rivelazioni del torneo, potendo contare su un buon collettivo e su qualche individualità di ottimo livello. Gli insegnamenti di Hiddink hanno fatto fare il salto di qualità al calcio sudcoreano ma l'attuale selezione dà l'impressione di essere più convinta dei propri mezzi rispetto a quella che quattro anni fa, pur sfiorando la qualificazione a discapito della Francia poi futura finalista, non convinse mai del tutto (basta confrontare questa gara d'esordio con il risicato successo per 2-1 che allora gli uomini guidati da Dick Advocaat ottennero contro il non irresistibile Togo). Una formazione ordinata ed organizzata, che gioca un calcio rapido, a pochi tocchi, che ormai ha il pressing (sempre attuato alla perfezione) nel proprio DNA e che ha impressionato soprattutto per il modo tranquillo in cui ha giocato, sicuramente anche perchè agevolata dal vantaggio immediato firmato Lee Jung-Soo, arrivato paradossalmente (perchè in linea teorica almeno in quelle situazioni tattiche non dovrebbe esserci stata partita) su palla inattiva. Il raddoppio arriva soltanto nella ripresa perchè l'arbitro neozelandese Hester prende due gravi decisioni anti-coreane (rigore non concesso al promettente esterno del Bolton Lee Chung-Yong e fallo inesistente fischiato a Park Ji Sung lanciato verso il gol) e perchè Park Chu-Young, splendidamente lanciato in porta dal quasi omonimo Park Ji-Sung, si fa ipnotizzare da Tzorvas, l'unico dei suoi a salvarsi. L'unico rimprovero che si può fare ai sudcoreani è quello di non aver chiuso subito una gara giocata in scioltezza contro degli avversari in confusione totale: è servito infatti un assurdo regalo di Vyntra per far raddoppiare Park Ji-Sung (bravissimo nella circostanza a fare tutto da solo) e compagni. La partita di fatto si chiude qui, sebbene i cambi effettuati da Rehhagel velocizzino un minimo la compassata manovra ellenica e vivacizzino la gara, mettendo in mostra i limiti della linea difensiva sudcoreana (in evidente difficoltà sui palloni alti, non troppo reattiva e con marcature rivedibili all'interno dell'area di rigore). Il tecnico tedesco non è però esente da colpe: difficile comprendere come sia possibile pensare di attuare un 4-3-3 (che poi in realtà è un 4-5-1) con esterni offensivi giocatori come Samaras e soprattutto Charisteas (già poco mobile come punta centrale, figuriamoci come ala...), mentre allo stesso tempo i Salpingidis ed i Ninis sedevano in panchina. Ancor più deludente, se possibile, il reparto di centrocampo (Karagounis inesistente, Katsouranis irriconoscibile), semplicemente imbarazzante quella difesa che fino a qualche tempo fa veniva considerata come il punto di forza della Grecia: mal posizionati, lenti e goffi con il pallone tra i piedi i centrali Vyntra e Papadopoulos.

ALBERTO FARINONE

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Questo è il calcio moderno. Veloce, atletico, con interscambi continui fra quasi tutti i calciatori (gli unici a restare nella propria zona di competenza sono i centrali difensivi), grande competenza tecnica di gestione del pallone e movimento dello stesso su ritmi elevati. La Corea del Sud si presenta al Mondiale mantenendo fede al suo cammino precedente, che l'ha oprtata a vincere molte partite con sqaudre di grande livello grazie ad un assetto che guarda al futuro del calcio e non al passato. Certo poi serve Park Ji Sung per infilzare la difesa e restare lucido di fronte al portiere ma a chi non serve il calciatore che riesce a far fare il salto di qualità alla sqaudra in pochi secondi di possesso palla? La Corea si candida ad un ruolo di protagonista, non solo per le sue capaxcità fisiche e di ritmo, ma per la padronanza e la sicurezza nel gestire situazioni complesse, in cui fino a doggi si sentiva inferiore e indietreggiava. La Grecia è una sqaudra di dieci anni fa, con terzini poco mobili e centrocampisti solamente di rottura. Manca il Seitaridis del 2004 e un Basinas che almeno metta ordine. Gli attaccanti sono stati capaci di essere più immobili dei difensori.

JVAN SICA