venerdì 2 luglio 2010

Olanda-Brasile 2-1: Robinho (B) al 10’ p.t.; Sneijder (O) all’8’ e al 23’ s.t.



OLANDA (4-2-3-1): Stekelenburg; Van der Wiel, Heitinga, Ooijer, Van Bronckhorst; Van Bommel, De Jong; Robben, Sneijder, Kuyt; Van Persie (dal 40’ s.t. Huntelaar). (Vorm, Boschker, Boulahrouz, Braafheid, Schaars, De Zeeuw, Afellay, Van der Vaart, Babel, Elia). All. Van Marwijk.

BRASILE (4-2-3-1): Julio Cesar; Maicon, Lucio, Juan, Bastos (dal 17’ s.t. Gilberto); Gilberto Silva, Felipe Melo; Dani Alves, Kakà, Robinho, Luis Fabiano (dal 32’ s.t. Nilmar). (Gomes, Doni, Luisao, Thiago Silva, Josue, Kleberson, Julio Baptista, Grafite). All. Dunga.

ARBITRO: Nishimura (Giap).

NOTE: spettatori 40.186. Espulso al 28’ s.t. Felipe Melo; ammoniti Heitinga, Bastos, Van Der Wiel, De Jong, Ooijer. Angoli 8-4 per il Brasile. Recuperi: 1’ p.t., 3’ s.t.


Un quarto di finale dal non esaltante e non indimenticabile livello tecnico viene decisa dalle variabili impazzite che spesso spaccano le partite di ogni sport, in particolar modo del calcio: episodi ed errori. Le difficoltà del primo tempo dell’Olanda sembravano presagire ad un match ben indirizzato, ma la squadra di Van Marwijk ha trovato energie insospettabili soprattutto grazie al secondo tempo da incubo di un avversario, che quasi sarebbe da ribattezzare Felipe “Van der” Melo per come ha deciso e cambiato la partita con i suoi orrori.

Nemmeno in questo quarto di finale s’è vista un’Olanda esaltante, ma comunque s’è visto un grande carattere che ha permesso la prima grande rimonta di questo Mondiale 2010: nei turni ad eliminazione diretta giocati fin qui (ovvero tutti gli ottavi di finale), a passare il turno era sempre stata la squadra che aveva segnato per prima (ovviamente escludendo Paraguay-Giappone, conclusa 0-0). Il Brasile alla fine paga alcune sbandate difensive ed errori singoli, uscendo nuovamente nei quarti di finale: era dal 1990 che i Verdeoro non perdevano nella fase finale dei Mondiali da una squadra diversa dalla Francia. Allora fu al Delle Alpi di Torino contro l’Argentina agli ottavi di finale. Al solito, i media brasiliani partiranno con processi e attacchi decisi a Dunga, imputabile per non esser riuscito a trovare il giusto mix tra qualità e carattere: elementi come Robinho e Luis Fabiano sono elementi di buona qualità, ma ancora una volta in questo match hanno peccato di carattere, soprattutto il primo nei momenti caldi della sfida (nonostante poi fosse stato proprio lui a sbloccare il risultato). Dunga aveva avuto il merito di creare una squadra e questo gli va comunque riconosciuto, anche se la prestazione del secondo tempo è stata troppo anonima e troppo poco qualitativa per una Nazionale chiamata Brasile: la partita è stata persa per degli episodi, ma Dunga non dev’essere criticato a tutto campo come invece ovviamente accadrà nei media brasiliani.

Eppure il primo tempo era tutto di marca Brasile: non un Brasile spettacolare, ma un Brasile in chiaro controllo delle operazioni. Il pomeriggio inizia con uno scricchiolio pesante per l’Olanda, con l’infortunio di Mathijsen nel riscaldamento che costringe Van Marwijk a ricorrere sul non sicurissimo Ooijer: difesa che poi sbanda in maniera orrenda su una verticalizzazione per Robinho che sblocca il match, con un movimento che ricorda molto quello della difesa dell’Inghilterra nel gol di Klose negli ottavi di finale. Colpevole però è solo in parte Ooijer, quanto piuttosto è incredibile l’errore di Heitinga, che si fa attirare dal movimento d’incontro di Luis Fabiano e rimane in posizione del tutto avanzata lasciando un buco enorme al centro della difesa: Robinho si inserisce in quello spazio senza che Van der Wiel lo segua. E’ un pomeriggio da incubo per Heitinga, che anche nella ripresa commetterà dei buchi incredibili (soprattutto quello che lancia Kakà in due contro due, con Ooijer decisivo nel murare il tiro). Il Brasile allora rimane solido e crea gli attacchi pericolosi, anche lasciando vedere qualche spunto brillante e qualitativo sullo stretto. L’Olanda invece appare del tutto in difficoltà e non riesce a coinvolgere i quattro elementi offensivi. Sneijder è fuori dal gioco, Kuyt in sofferenza, ma soprattutto sono gli altri due elementi a mancare. Van Persie continua il suo Mondiale non all’altezza sbagliando tutto: movimenti, passaggi, tiri. Mai una giocata importante e sempre sovrastato da Juan. Van Persie conferma allora di essere piuttosto sopravvalutato dall’Arsenal, che vede in lui un fuoriclasse: in realtà l’olandese è un buon giocatore capace di diventare ottimo nel mese giusto. Buon giocatore con grandi colpi, ma pur sempre un buon giocatore e poco più. Arjen Robben invece soffre la rudezza della partita, quasi confermando quanto dicevano i giornalisti inglesi nel corso della sua esperienza al Chelsea, quando era accusato di mancare quando il tono agonistico del match diventava altissimo: l’esterno del Bayern Monaco non ha spunti brillanti e ogni suo movimento viene letto dai brasiliani con una facilità irrisoria, tanto che ogni volta al secondo tocco di palla si trova almeno due avversari pronti ad impedirgli la giocata.

Brasile in controllo, fino al 53’ quando due elementi tradiscono Dunga: il primo è un “insospettabile” come Julio Cesar, che esce malissimo e totalmente a vuoto sul cross del compagno di club Sneijder, un’uscita disastrosa non da lui. L’altro però un “sospettabile” come Felipe Melo, che probabilmente non sente l’eventuale chiamata del portiere e lo contrasta andando anche a toccare il pallone e spedirlo in rete: il dirigente della Juventus Secco diceva che Felipe Melo sarebbe passato alla storia e così è stato, visto che realizza il primo autogol del Brasile in una fase finale dei Mondiali. Forse non intendeva proprio questo. La partita si equilibra e cambia soprattutto l’aspetto mentale: il Brasile va in palla, l’Olanda trova fiducia e cresce leggermente, anche se non raggiungendo livelli buoni sul piano qualitativo. Ci vuole un altro episodio per cambiare ulteriormente il match e arriva su un corner da destra di Robben: Julio Cesar stavolta non può uscire perché la traiettoria è corta, Kuyt la prolunga e in area piccola l’1,70 di Sneijder realizza comodamente di testa. Una squadra che punta tutto sulla solidità e sulla grande difesa non può prendere gol di testa in mischia da un elemento non certo altissimo. Il colpevole è ancora Felipe Melo, che è in marcatura sul centrocampista dell’Inter ma rimane fermissimo, muovendosi di mezzo centimetro mentre l’avversario si stacca dalla marcatura, si beve un caffè e segna di testa. Difficile far peggio in pochi minuti, ma Felipe Melo ci riesce decidendo di trattare Robben come lo zerbino di casa sua sotto gli occhi dell’arbitro che giustamente estrae il rosso diretto: una follia che costringe il Brasile all’assalto in inferiorità numerica. I Verdeoro ci provano di nervi, ma non riescono a trovare lo spunto brillante (nonostante qualche difesa nervosa dell’Olanda, in particolare di Heitinga) e non riescono ad evitare l’eliminazione: vero che il Brasile era in 10, ma forse Dunga poteva osare qualcosa in più dell’inserimento di Nilmar come unica punta. Il suo errore più grave però è stato puntare su Felipe Melo, pardon Felipe Van der Melo: è lui il vero uomo che ha guidato l’Olanda alla vittoria.

Adesso per l’Olanda non ci sono limiti alla provvidenza: si può fare in tutto, anche perché questo match ha confermato il basso livello tecnico di questo Mondiale (match non aiutato dal terreno di gioco: un campo di patate). Allora questo torneo può anche esser vinto senza esprimere un calcio indimenticabile: Van Marwijk ha però bisogno che in avanti Van Persie si svegli, alzando il livello delle sue prestazioni fin qui mediamente mediocri.

SILVIO DI FEDE

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Il Brasile non è europeizzabile. Questo è il verdetto emanato dalla strana sconfitta della Seleção, brasilianissima quando anziché chiudere l'incontro si perde in fraseggi tanto pittoreschi quanto inutili. Fosse arrivato il 2-0 in chiusura di primo tempo, ora staremmo probabilmente celebrando le capacità gestionali di Dunga, abile nel contagiare i suoi con la malattia del calcio europeo: pragmatico all'inverosimile maniera, ma efficiente come nessun altro al mondo. Il tabellino però dice 2-1 per l'Olanda, europea davvero e stavolta non solo per questioni geografiche, accompagnata anche da una discreta dose di fortuna.
La «fortuna» olandese ha un nome, un cognome e persino un numero di maglia: Felipe Melo, numero 5 del Brasile che pare indossato apposta per infangare la memoria calcistica di Falcão. Il centrocampista juventino, complice la rimonta avversaria, dà di matto scalciando Robben e guadagnando la via degli spogliatoi con venti minuti d'anticipo sui compagni di squadra. Lì, in pratica, si spengono le speranze di controsorpasso brasiliano: e pensare che nei primi 45' si era assistito ad una partita diametralmente opposta, con il tanto criticato Melo protagonista del passaggio in profondità trasformato in gol da Robinho.
Ma veniamo alla partita, perché potendosi concedere il lusso di iniziare l'azione con i difensori, la Seleção gestisce sapientemente il possesso del pallone in attesa di trovare il varco giusto per far male ad un'Olanda disposta in campo con il 4-1-4-1: De Jong, perfetto in entrambe le fasi, protegge la difesa ed imposta pure il gioco consentendo a van Bommel di agire una decina di metri più avanti. Interessante la disposizione in diagonale dei trequartisti brasiliani: anziché giocare sulla stessa linea, Daniel Alves parte in posizione di interno destro e Robinho ronza attorno a Luis Fabiano in attesa che «O Fabuloso» gli crei lo spazio per l'inserimento. Proprio così nasce l'1-0, con Alves che costringe Ooijer ad allargarsi ed Heitinga che improvvidamente segue il movimento in uscita di Luis Fabiano: si apre una voragine centrale, che van der Wiel (bloccato nel primo tempo, discreto incursore dopo l'inversione di campo) non riesce ad arginare finendo per costringere Robben a tentare una poco fortunata chiusura sull'inserimento di Robinho. Nulla in avanti, dove van Persie s'allarga per uscire dalla temibile morsa di Lucio e Juan (Mondiale stratosferico) e Robben è costantemente vittima del raddoppio difensivo brasiliano, l'Olanda rischia di capitolare dinanzi alle triangolazioni strette dei brasiliani. Di spazio in contropiede, arma sin qui prediletta dagli oranje, non ce n'è, ed i terzini van der Wiel e van Bronckhorst rinunciano all'azione offensiva perché intimiditi dai rispettivi avversari di fascia.
Lo striminzito vantaggio con cui si chiude il primo tempo non rende onore agli uomini di Dunga, certamente meritevoli di qualcosa in più ma troppo fumosi per andarselo a prendere. E così basta un episodio per cambiare il volto di una partita sino a quel momento dominata dal Brasile: è sufficiente un'accelerazione di Robben per scatenare il finimondo. Bastos lo atterra, graziato da Nishimura, ma basta un nonnulla (in questo caso la paura di perdere Bastos) per mandare nel pallone Felipe Melo: sul conseguente cross di Sneijder ignora il comando di Julio Cesar e va ad ostacolarlo in uscita, omaggiando l'Olanda di un immeritato pareggio. Con van der Wiel che prende fiducia e macina chilometri sulla corsia destra andando finalmente ad assecondare Robben, Dunga si convince che Bastos non terminerà la partita e getta nella mischia Gilberto, organicamente inadeguato alla marcatura dell'ala destra oranje. Il gol di Sneijder è una pugnalata, quasi quanto la già citata espulsione di Felipe Melo: ingenuità clamorosa, dettata da un autocontrollo inesistente, che obbliga il Brasile ad un raffazzonato assalto finale incentrato su lanci lunghi ed improbabili serpentine che poca apprensione destano nella difesa olandese.

ANTONIO GIUSTO

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E' davvero incredibile come nel calcio un episodio, favorevole o sfavorevole che sia, possa cambiare e capovolgere completamente l'andamento di un match. Minuto numero 52: s'è da poco concluso il primo tempo, un monologo nel vero senso del termine da parte della Seleção, che sembra avere le sorti dell'incontro nelle proprie mani; minuto numero 53: la premiata ditta Júlio César-Felipe Melo la commette grossa, regalando un pari inaspettato ed obiettivamente immeritato ad un'Olanda nulla fino a quel momento. Il Brasile disfa così quanto costruito, il pareggio cambia le carte in tavola e si rivela essere una mazzata psicologica tremenda per i giocatori oggi in maglia blù, che prima perdono la concentrazione subendo la rete del sorpasso sugli sviluppi di un corner e poi i nervi con la folle espulsione del giocatore acquistato la scorsa estate dalla Juventus per 25 milioni di euro. Il Brasile paga giustamente a carissimo prezzo almeno quattro gravi errori: quello di non essere riuscito a chiudere il match quando ce l'aveva in pugno, quello già citato della coppia César-Melo sul primo gol, quello del reparto difensivo sul secondo e soprattutto quello di aver continuato a voler puntare su un giocatore inaffidabile come Felipe Melo.
E l'Olanda? E' stata brava a rimanere in partita, è stata capace di soffrire ed è stata concreta come non mai nella sua storia, ma ancora una volta nè ci ha pienamente convinto, nè ci ha entusiasmato. Eppure i numeri parlano chiaro e dicono che questa è la miglior Olanda di sempre: infatti, mai i Tulipani, imbattuti da ben ventiquattro sfide, erano riusciti a vincere le prime cinque gare di un grande torneo per nazionali. La verità è che l'Olanda è riuscita a prevalere sfruttando nel miglior modo possibile - grazie anche ad un aiuto da parte della Dea Bendata, va detto - le opportunità create, pur denotando dei limiti in tutte le zone del campo. Che la difesa non fosse un granchè lo sapevamo e ne abbiamo avuta una triste conferma con il gol regalato a Robinho, siamo rimasti più che altro delusi dal gioco poco brillante e propositivo mostrato fin qua: in fase offensiva l'Olanda, nazionale alla quale storicamente non sono mai mancate le soluzioni più disparate, si appoggia unicamente all'immarcabile Robben. Gli uomini per giocare un calcio spettacolare van Marwijk ce li avrebbe pure, ma sarebbe ingeneroso criticare l'allenatore capace di portare per la quarta volta nella storia dei Mondiali l'Olanda tra le prime quattro. Storcerà il naso Cruyff, sembrano effettivamente lontani i tempi del "Calcio Totale", ma questa selezione ha la concreta opportunità di compiere quell'impresa che non riuscì ad altre compagini olandese più quotate, come l'Arancia Meccanica del '74 e del '78', l'Olanda di van Basten, Gullit e Rijkaard e quella di Guus Hiddink che nel '98 dovette arrendersi ai calci di rigore proprio contro il Brasile.

Le due squadre vengono schierate dai loro rispettivi allenatori con il medesimo modulo, il 4-2-3-1. Nettamente meglio il Brasile in avvio, trascinato da un Robinho che riprende da dove aveva finito con il Cile agli Ottavi di Finale: la talentuosa mezzapunta prima si vede giustamente annullare un gol per fuorigioco di Dani Alves, poi porta i suoi in vantaggio, sfruttando al meglio il clamoroso buco centrale della retroguardia arancione. A dir poco disastrosa, nell'occasione, la difesa olandese, con Heitinga che si fa attrarre dal movimento di Luis Fabiano e finisce di conseguenza fuori posizione, e con Ooijer che non stringe la propria. Grazie anche allo scarso apporto del centrocampo, persino lo sciagurato Felipe Melo può permettersi il lusso di realizzare un assist facile facile, ma con i tempi giusti, premiando l'inserimento senza palla dell'ex fantasista del Real Madrid. La partita si mette così fin da subito bene per il Brasile, che ha la possibilità di esprimere al meglio le proprie qualità. E' un Brasile solido, compatto come piace a Dunga, ma che a tratti gioca finalmente anche un bel calcio, spettacolare, come nell'azione iniziata da una serpentina palla al piede di Robinho, continuata da un passaggio di tacco di Luis Fabiano e conclusa con un destro a giro di Kakà sul quale Stekelenburg si supera. Appena gli Oranje cercano di mettere il naso fuori dalla propria metacampo, gli avversari li aggrediscono, sottraggono loro la sfera e ripartono con una cattiveria agonistica ed una fiducia nei propri mezzi degna di una grande squadra. Una superiorità a tratti imbarazzante. L'Olanda fatica tremendamente: Sneijder appare in difficoltà ed in forma precaria, Robben viene sempre raddoppiato o triplicato, van Persie è ben contenuto dalla difesa carioca, i laterali bassi non accompagnano l'azione.
I verdeoro però non affondano il colpo decisivo ed iniziano la ripresa sottoritmo: l'arbitro li grazia non cacciando Bastos per un fallo da seconda ammonizione, il Dio del Calcio li punisce inesorabilmente pochi secondi dopo, quando un cross di Sneijder apparentemente innocuo termina in rete, in seguito ad una maldestra uscita a vuoto di Júlio César e ad una deviazione di Felipe Melo. Inizia allora un'altra partita, con Robben e compagni che prendono coraggio e che trovano la rete del vantaggio ancora con Sneijder, con il Brasile che si fa incredibilmente sorprendere su calcio piazzato: determinante la spizzata sul primo palo di Kuyt, da rivedere le marcature dei brasiliani, con Felipe Melo (e chi, se non lui!) che si perde il piccolo trequartista dell'Inter, che realizza così uno dei suoi primi gol di testa in carriera. Il Brasile psicologicamente non c'è più, nonostante un paio di buone opportunità create non riesce a reagire alle avversità, con Felipe Melo che gli dà il definitivo colpo di grazia. L'Olanda questa volta non ne approfitta, sciupando malamente delle ghiottissime chances in contropiede, vuoi per l'egoismo del deludente van Persie, vuoi per l'eccessiva lentezza nel prendere decisioni del subentrato Huntelaar. Ma il risultato non cambia più ed il Brasile, per la seconda volta consecutiva, esce ai Quarti. Inevitabili le polemiche contro Dunga, C.T. poco amato (per utilizzare un eufemismo) dai media locali. Il suo Brasile è uscito in maniera sfortunata, non ha demeritato e nel complesso è risultato essere una delle nazionali maggiormente convincenti di Sudafrica 2010; l'organizzazione tattica è stata di primissimo livello e l'idea di voler costruire una Seleção atipica, che aveva nelle doti fisiche e non tecniche le sue qualità principali, non s'è rivelata malsana. Ma colui che alzò la Coppa del Mondo nel '94 da capitano i suoi errori li ha commessi eccome, a partire dalle convocazioni, fidandosi troppo di alcuni suoi fedelissimi, puntando su alcuni elementi inadatti al contesto e lasciando a casa altri che si sarebbero potuti rivelare molto più utili alla causa. Una squadra senza un piano B, con praticamente nessuna riserva sulla trequarti o in attacco che potesse cambiare la partita entrando dalla panchina. E ci poteva stare, vista la compattezza, la forza e anche la qualità di gioco che aveva; ma il calcio non è matematica e non puoi prevedere tutto. Perciò Dunga ora, inevitabilmente, pagherà il fio.

ALBERTO FARINONE

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Ieri è accaduto quello che sospettavamo. Un Brasile senza nessun ricambio valido (tranne Dani Alves) che desse lo spunto decisivo per uscire da un gioco molto lineare è stato messo fuori dall’irruenza di Felipe Melo e dalla costanza dell’Olanda, capace di giocare allo stesso ritmo e con fraseggi molto simili per l’intero incontro(deve stare molto attenta all’Uruguay, capace di difendere forte e cambiare passo meglio del Brasile, anche se mancandoci Suarez, miglior attaccante del Mondiale insieme a Villa, perde tantissimo). Adesso la squadra deve rifondarsi e vincere in casa, per questo motivo chi prenderà il posto di Dunga avrà all’inizio i benefici dell’effetto Prandelli (o post Lippi, Dunga in questo caso), ma poi dovrà sobbarcarsi un lavoro psicologico tremendo.
Brasile 2014 deve dare la sesta stella, c’è poco da stare lì a riflettere, ma con quale Brasile, ad oggi, si arriva ad un evento così importante. In difesa ci sono dei ricambi, primo fra tutti Thiago Silva, anche se Maicon, Lucio e Juan non nascono ogni quattro anni. Il portiere potrebbe rimanere, anche se il vivaio è prolifico e qualche altro giovanissimo sulle fasce in Brasile nasce sempre.
Il vero problema sono centrocampo e attacco. La volontà di Dunga di giocarsela con chi gli ha fatto vincere Coppa America e Confederations Cup, convocando giocatori inutili (Julio Baptista, Josuè, Gilberto Melo, Grafite) lo ha lippizzato e ha creato lo stesso sconquasso italiano.
Una generazione in Brasile è totalmente saltata e dei nati nella prima metà degli anni ’80 c’è il solo Robinho che può arrivare, da grande vecchio, all’appuntamento brasiliano. C’è da puntare quindi sui giovanissimi, e qui sorge un altro problema che è invece tipico del paese sudamericano (a differenza dell’Argentina). Una marea di calciatori giovani lasciano prestissimo i loro club di appartenenza, come è sempre successo. Ma invece di arrivare in Italia, Spagna, Germania o Inghilterra, i dollaroni di Russia, Giappone, Grecia e addirittura Ucraina fanno più gola. Della squadra vice-campione mondiale Under 20, Dunga non ha convocato nessuno. E, tra quelli che giocavano in quella squadra, Douglas Costa e Alex Texeira sono allo Shaktar Donekts, Rafael Toloi è vicino ad una delle grandi di Mosca, Renan è allo Xerez in prestito dal Valencia, Diogo all’Olimpiakos, Alan Kardec al Benfica e Souza al Porto. Della squadra titolare della finale contro il Ghana nessun elemento gioca in una grande squadra europea, molti vincitori di quel match (solo ai rigori e in modo immeritato) giocano anche in loro in squadre di seconda fascia europea ma almeno sono stati convocati e hanno giocato già il loro primo Mondiale. Con una squadra completamente da rifare, giovani che non hanno nessuna grande esperienza internazionale e con nessuna convocazione in Nazionale, il Brasile è un cantiere in cui è tutto ancora da decidere.

JVAN SICA

11 commenti:

  1. Grande squadra questo Brasile, moltissimi complimenti a Dunga. Poi a volte un paio di episodi non girano, e ti ritrovi senza più tempo e margini per reagire.

    Allucinante Felipe Melo, in un solo tempo ha sputtanato un mondiale fin lì anche buono (e le potenzialità del giocatore restano notevoli a mio avviso).

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  2. Infatti, io ho voluto ribadire un paio di concetti su Dunga, che però ovviamente saranno dimenticati: verrà criticato in toto... Qualcosa da criticare c'è, però non va dimenticato che comunque fino all'altro ieri tutti in Europa applaudivano il concetto di squadra: non è che possiamo rimangiarci tutto così.

    Io su Felipe Melo in tempi non sospetti uscì con un paragone pesante (in negativo :D ): quando lo davano vicino all'Arsenal, io dicevo che era il nuovo Denilson secondo me. Mi sa che ci tiene a confermare la mia definizione :D

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  3. Io invece ho visto una Olanda sfortunata con Mathijsen che a scombinato tutto la diffesa e si e visto che gol hanno subito e da gli ha dovuto inseguire il pareggio giocando uguale come le partite precedenti ma invece era Brasile che avendo gli spazzi giocava con le ripartenze .Robben era sempre doppiato se no lo atterravano.Nel secondo tempo Brasile uguale che aspettava e Olanda che aveva un timido acceno di attacare Robben attaca di piu punta di piu e viene atterrato di continuo e arbitro sempre bravissimo sorvola su BASTOS che meritava il secondo giallo.Sul gol dell pareggio il sbaglio non e del Melo perche e il portiere che chiamma palla ma e sbaglio totalmente del portiere che non prende palla e il tocco di Melo e indifferente al azzione tanto andava in porta uguale .Sul secondo gol sara stato anche merito del Olanda perche pare che e una partita persa dal Brasile e non vinta dal Olanda.Poi sul rosso di Melo non ce da dire era da ammonire gia nei primi minuti del incontro con due entrate in 30 secondi.Poi se Olanda avrebbe sfrutati meglio gli ocasioni di Kuijt e Sneider su 4 a 1 sarei curioso che commenti avresti fato.Cmq Olanda fortunata e bravissima nel secondo tempo e da tifoso olandese sono alle stelle noi il mondiale lo abbiamo vinto stasera. Astrit....

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  4. E' che io Silvio conservo ancora ricordo lusinghiero del Melo dell'Almeria (l'ottimo Almeria di Emery), che però giocava in un ruolo del tutto diverso da quello di Fiorentina e Juve e (in parte) Brasile. Lì era una mezzala a tutto campo, corsa e anche giocate di qualità, però diversamente dalle sue esperienze italiane, nessuno gli chiedeva di dettare i tempi. Era proprio un altro giocatore.

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  5. @ Astrit
    "da tifoso olandese sono alle stelle noi il mondiale lo abbiamo vinto stasera."

    Non nascondetevi, il mondiale ora lo potete vincere per davvero :-)

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  6. Grazie Valentino e che io ho visto anche la lontana precedente 2 a 0 dattata 1974 ,ho viste le due finali persi contro i paesi organizatori ed ho visto le due sconfitte contro Brasile 94' e 98' ecco perche sono soddisfatto e ho detto che il mio mondiale era finito qui perche ho paura per un altro magari secondo posto.Cmq GRAZIE ...ASTRIT

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  7. quando porti Grafite, Nilmar, Baptista, Gilberto e Kleberson... normale che esci dal mondiale giocandoti 2 cambi su 3 (dato secondo me indicativo della pochezza della rosa brasiliana)

    markovic

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  8. Partita schizofrenica se mai ce ne furono in questo mondiale. Il Brasile non mi aveva convinto finora e non mi aveva convinto neanche dopo il buon primo tempo: non c'era stata la minima volontà di raddoppiare, e si erano limitati ad arginare gli avversari e a ripartire allegramente con Kakà e Robinho. Troppo poco, troppa sufficienza nella gestione della partita. Nel secondo tempo l'Olanda ha alzato il ritmo, Robben ha smesso di cercare il solito movimento fotocopiato da destra verso il centro (ormai è prevedibile, dai!) e ha cercato più l'esterno, Sneijder improvvisamente si è ricordato di essere il più serio candidato al pallone d'oro (a tal proposito Lucio e Maicon possono smettere di crederci) e Felipe Melo si è sentito in colpa per aver giocato un primo tempo troppo buono per i suoi standard, e ha cercato di rimediare in tutti i modi ai troppi complimenti ricevuti dopo soli 45' minuti decenti in tutta una stagione negativa. Il resto è storia. Esce un Brasile quadrato e buono ma troppo sicuro dei propri mezzi e troppo presuntuoso. La gestione della partita, specie dopo l'espulsione di Melo, getta qualche ombra sul lavoro comunque già opinabile di Dunga, ct che ha puntato forte su un'identità e uno stile che a quanto pare non appartiene e non potrà mai appartenere a questa nazionale (senza parlare delle convocazioni: come si fa a non portare Pato, uno dei giovani più forti in circolazione?).
    L'Olanda accede meritatamente alle semifinali e dimostra che la tanto paventata crescita psicologica c'è stata eccome. Rimonta contro il Brasile: e chi se lo sarebbe mai aspettato?
    Tommaso.

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  9. Valentino: lo ricordo sì all'Almeria. E quella fu un'ottima esperienza per lui. Però non so perchè, ma la scorsa estate avevo questa sensazione.

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  10. Due precisazioni sulle colpe di Melo. L'espulsione è ovviamente tutta merito suo ma la responsabilità del primo goal olandese per me è tutta del portiere, valutazione totalmente errata della traiettoria, più lo rivedo e più me ne convinco.
    Sul goal da calcio d'angolo dal replay si può notare benissimo come il marcatore di Sneijder sia Gilberto Silva che inizialmente segue l'olandese poi gli si piazza davanti, perdendolo di vista, e lo lascia girare di testa totalmente indisturbato.

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  11. Torno dopo un'assenza settimanale... giusto in tempo per sottolineare l'analisi di Jvan Sica. Estremamente interessante. Al di là di questo, partita allucinante, che il Brasile - pur mostrando crepe - aveva completamente in mano. Al di là delle valutazioni tecniche, direi che il ko è determinato in primo luogo da spaventose caratteriali e fisiche - alla fine non ne avevano più. Altra colpa di Dunga e del suo staff? -. Questa squadra è stata tradita dai suoi leader - o presunti tali -. Mi riferisco in primo luogo ai giocatori di maggiore esperienza, Lucio e Gilberto Silva. Sugli isterismi di Robinho e Dani Alves, sulla passività di un Kaka sperduto come mai e sull'ennesima dimostrazione di come certi "fabulosi" spariscano quando il gioco si fa davvero duro, stendo un velo pietoso.
    Marcello

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