venerdì 2 luglio 2010

Uruguay-Ghana 5-3 dopo i calci di rigore (1-1 tempi regolamentari)


URUGUAY (4-4-1-1): Muslera; M. Pereira, Lugano (38'pt Scotti), Victorino, Fucile; A.Fernandez (1'st Lodeiro), Perez, Arevalo Rios, Cavani (31'st Abreu); Forlan; Suarez. (A disp.: Castillo, Silva, Godin, Gargano, Eguren, A.Pereira, I.Gonzalez, S.Fernandez, Caceres). All.: Tabarez

GHANA (4-1-4-1): Kingson; Pantsil, Mensah, Vorsah, Sarpei; Annan; Inkoom (29'st Appiah), K.Asamoah, K.Boateng, Muntari (43'st Adiyiah); Gyan. (A disp.: Agyei, Ahorlu, D.Boateng, Tagoe, Amoah, I.Ayew, Addy, Owusu Abeyie). All.: Rajevac

ARBITRO: Benquerenca

NOTE: serata fredda, terreno in discrete condizioni, spettatori 84.017. Angoli: 12-8 per l'Uruguay. Espulso al 15'sts Suarez per fallo di mano a porta vuota. Al 15'sts Gyan ha calciato un rigore sulla traversa. Ammoniti: Fucile, Arevalo Rios, Pantsil, Perez, Sarpei, Mensah. Recupero: 2'; 3'; 1'; 1'. Sequenza rigori: Forlan (gol), Gyan (gol), Victorino (gol), Appiah (gol), Scotti (gol), Mensah (parato), Pereira (fuori), Adiyiah (parato), Abreu (gol)


Tremendo. Questa è pura crudeltà. E a volte, tranne che per i diretti interessati che avrebbero voglia di buttarsi sotto un treno, è anche parte del fascino del calcio. Sarebbe stata la prima squadra africana a qualificarsi per una semifinale, non avrebbe demeritato perché probabilmente superiore all’Uruguay (di sicuro più stimolante per l’appassionato), però… Suárez si sacrifica per la patria, fa mani e rigore, e Gyan Asamoah manda a infrangersi (MODALITÀ RETORICA: ON) sulla traversa le speranze di tutto un continente. Da lì in poi può succedere di tutto, anche che uno come il Loco Abreu, che coloro che amano l’argomentazione pacata definirebbero “scarpone patentato”, diventi l’eroe della serata trasformando il rigore decisivo con un cucchiaio. Poveri noi, povero Ghana, ma non è neanche il caso di criminalizzare un Uruguay che con le sue armi è sempre stato dentro una partita equilibratissima.

Anzi, c’è da dire che l’Uruguay la prima mezzora l’aveva dominata, giocando un grande calcio non per spettacolarità ma per chiarezza di idee, coerenza logica e determinazione. Tabárez nell’occasione ha abbandonato il centrocampo a tre (poi la composizione del settore avanzato dipende dalla posizione di Forlán, che può fare il trequartista o partire largo in maniera simmetrica rispetto a Cavani) per passare a un 4-4-2 più classico. Fuori Álvaro Pereira, Cavani esterno sinistro a tutti gli effetti, e a destra Álvaro Fernández. Contando l’aiuto di Forlán nei ripiegamenti e nel pressing, l’obiettivo è non andare in inferiorità rispetto al temibilissimo centrocampo ghanese, che per questo motivo aveva fatto girare la testa agli USA nel primo tempo dell’ottavo.
Comunque più che le formule numeriche conta in questo caso l’applicazione, l’intensità e la compattezza che ci mette l’Uruguay. Rispetto alle scorse partite inizia più aggressivo, con un baricentro più avanzato, ma il punto di partenza è sempre e comunque la fase di non possesso, rubare la palla e ripartire. Questa squadra non vuole, non può e non sa elaborare, e a partire da questa premessa sceglie la strategia più razionale. Passare meno possibile per Diego Pérez e Arévalo Rios, non aver problemi a spararla lunga, e da lì braccare la seconda palla, qualche volta anche buttarla in fallo laterale per salire e pressare, perché così in caso di riconquista si può ripartire subito con Forlán e Suárez. Diretto, verticale e senza fronzoli, l’Uruguay meriterebbe il gol nella prima mezzora.
Il Ghana sembra paralizzato, ma lo sciolgono due occasioni di fila (Vorsah su calcio d’angolo e un contropiede finalizzato male da Gyan Asamoah), che non solo lo fanno entrare in partita, ma costituiscono anche la premessa del vantaggio siglato da Muntari allo scadere del primo tempo. Pardon, il vantaggio siglato da Jabulani: con tutto quello che si può dire di Muslera, il suo movimento verso l’altro palo era sacrosanto, poi se La Palla Pazza che strumpallazza ha un ripensamento dell’ultim’ora e cambia direzione son problemi suoi e degli scienziati che per mesi si chiudono in un laboratorio ad inventarla.
Entra in scena il Ghana, una squadra onestamente più complessa e più evoluta dell’Uruguay. Mi ha dato fastidio in questi mondiali sentire ancora i soliti luoghi comuni sulle squadre africane. Quando sbaglia un brasiliano, un saudita, un giapponese o un olandese, è un errore individuale; quando invece sbaglia un giocatore africano, non è un errore individuale, è perché LORO sono così. Persino da uno come Dossena, che LORO dovrebbe conoscerli meglio di molti altri, capita di sentire nella telecronaca di Germania-Ghana luoghi comuni tipo “la ragione contro l’istinto”, oppure un incredibile “LORO non li capiscono gli uno-due”. Manca il mito del Buon Selvaggio, e siamo al completo.
Ebbene, LORO a parte la corsa e le doti fisiche sono una delle squadre meglio pensate, più razionali e raffinate di questo mondiale. Organizzata, flessibile, capace di adattarsi a più contesti tattici, tecnicamente dotata. È più evoluta perché quando è in fase di non possesso, per come gestisce il pressing o i ripiegamenti, sta già preparando la successiva fase di possesso. Quando non ha la palla orienta la manovra dell’avversario verso la zona del campo dove intende recuperare, e da lì sa ripartire magistralmente (il merito principale dell’Uruguay nella prima mezzora è consistito proprio nello scavalcare il centrocampo e quindi questa trappola). Questo va ben oltre la povertà della maggior parte delle squadre di questo mondiale, portate ad accumulare uomini dietro slegando del tutto le due fasi del gioco. Concetto limitato dal quale in tutta onestà per larghi tratti non sfugge nemmeno l’Uruguay.
Poi quando hanno il pallone i ghanesi sanno fare la partita, sanno gestire i tempi e avanzare con ordine e fantasia. Il valore aggiunto rispetto alle altre squadre del continente risiede proprio nella qualità e nel senso del gioco dei centrocampisti, che purtroppo scarseggia nell’attuale congiuntura del calcio africano. Dall’intelligentissimo Annan davanti alla difesa, a Ayew ieri assente, a Kwadwo Asamoah (troppo incostante però, quasi nullo ieri), a Kevin Prince Boateng (eccessi d’individualismo a parte). Dove purtroppo si perde il Ghana è negli ultimi metri, manca killer instinct: nonostante il movimento e le buone doti tecniche di Asamoah, non c’è freddezza e le scelte nella fase di finalizzazione del gioco talvolta sono incomprensibili. Però il concetto di squadra, il blocco, è uno dei più apprezzabili del torneo. Altro che istinto contro ragione.
La scarsa concretezza negli ultimi metri ha impedito al Ghana di far sua la partita definitivamente, e all’Uruguay di restare pienamente in partita dopo il pareggio di Forlán (qui sì che c’è un grosso errore del portiere). Quando i minuti passano e gli spazi aumentano, Tabárez si gioca tutto il suo arsenale offensivo per colpire meglio di rimessa: il trequartista Lodeiro era già entrato a inizio ripresa al posto di Álvaro Fernández, ribadendo qualità interessanti (l’unico capace di portare palla e cucire i reparti oltre a Forlán; Ignacio González invece tagliato dopo la prima deludente con la Francia), mentre Abreu al posto di Cavani insegue solo le mosche, finchè si sta nei tempi regolamentari.
Anche il Ghana aggiunge una punta, Adiyah, ma ciò nonostante le occasioni pericolose si diradano, tutte e due le squadre perdono progressivamente lucidità, fino alla follia finale.

VALENTINO TOLA

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Diamo il benvenuto a un nuovo collaboratore del blog, Andrea Antoccia.

Prima di cominciare, volevo ringraziare gli amministratori del blog che mi hanno permesso, seppur con qualche gara di ritardo, di entrare a far parte della squadra di collaboratori. Grazie di cuore. Comincio questa mia nuova avventura raccontandovi la gara più bella del mondiale sudafricano: Uruguay-Ghana, pazzo, pazzissimo quarto di finale.

«Perché ami il calcio?»: se prima di Uruguay-Ghana qualcuno mi avesse posto questa amletica domanda, non avrei saputo rispondere. Ma se oggi chicchessia mi metterebbe di fronte allo stesso interrogativo, gli mostrerei gli ultimi due minuti del secondo quarto di finale del mondiale sudafricano: dalla punizione di Annan, con la prima respinta di Suarez su Adiyiah, all'ultimo rigore della spietata lotteria degli undici metri, trasformato con un rischiosissimo cucchiaio da Abreu. Nel mezzo, un inevitabile fallo di mano a porta vuota dell'attaccante uruguayano dell'Ajax, espulso dal portoghese Benquerenca, e quattro errori dal dischetto; il più importante, quello di Gyan, giunto proprio dopo il fallo di Suarez, a una manciata di secondi dal termine dei tempi supplementari.
Tempi supplementari che, continuando il racconto a ritroso, erano giunti dopo che l'equilibrio aveva regnato sovrano a Johannesburg: al gol di Muntari, arrivato in chiusura di primo tempo, aveva presto risposto, dopo l'inversione di campo, il solito Forlan. Il gioco? Un fritto misto. Dopo un inizio in controtendenza rispetto al prosieguo della sfida, con entrambe le squadre chiuse nella propria metà campo, era emerso l'Uruguay, costretto poi a tornare sulla terra a causa dell'infortunio di Lugano, che ha privato la squadra di un difensore capace di impostare il gioco come pochi altri sanno fare. Privo della frizzantezza di Ayew, squalificato, il Ghana si è affidato all'estro di Gyan, capace di inventare giocate illuminanti anche nei momenti di maggior difficoltà della sua squadra. Sfruttando l'inevitabile calo fisico della Celeste, giunto sul finire della prima frazione, la nazionale africana ha acquistato il dominio del centrocampo arrivando più volte in porta e riuscendo ad «uccellare» Muslera sui titoli di coda.
Il solito problema della sterilità offensiva, però, ha impedito all'undici di Rajevać di far sua la gara. E così, ci ha pensato Diego Forlan, alla terza rete della rassegna, a punire la prima e unica disattenzione di Kingson. Più volte il risultato di parità è stato messo a dura prova, ma al centoventesimo si è giunti ancora sull'uno a uno, con le due squadre sfinite ed il tecnico serbo che non ha inspiegabilmente effettuato la terza sostituzione a sua disposizione. E lì è accaduto l'impensabile. Sul calcio di punizione di Annan, l'ultimo della gara, si è gettato Adiyiah, vedendosi respingere il tiro da Suarez; il giovanissimo attaccante del Milan è piombato sulla ribattuta, ma il suo tiro a botta sicura è stato ancora fermato sulla linea di porta dall'uruguayano. Che, però, l'ha fatta fuori dal vaso: fallo di mano, espulsione e rigore. Rigore che Gyan, già a segno dagli undici metri contro Serbia e Australia, ha calciato sulla traversa. L'emozione, è stato detto: ma perché, allora, nella lotteria degli undici metri il suo rigore è stato quello calciato meglio? Nessuno potrà mai saperlo.
Fatto sta che, giunto grazie ad una incredibile botta di fortuna fino ai rigori, l'Uruguay ha improvvisamente riacquistato tutto il vigore perduto in precedenza. La formica - Muslera, in questo caso - s'è incazzata, e ha riscattato l'errore commesso sulla rete di Muntari respingendo i tiri dagli undici metri di Mensah prima e Adiyiah poi. Il resto l'ha fatto «el Loco» Abreu, peggiore in campo nei centoventi, con un cucchiaio che riassume alla perfezione il suo soprannome. Un cucchiaio che fa la storia: quella dell'Uruguay, che torna a giocare una semifinale mondiale dopo quarant'anni, e quella del Ghana, a cui invece è mancato tanto così per riscrivere la storia calcistica di un intero continente.

ANDREA ANTOCCIA

3 commenti:

  1. Se qualcuno verrà mai a domandarci perché amiamo questo meraviglioso sport, ricordiamoci di mostrargli gli ultimi 90" dei supplementari più i rigori.

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  2. Antonio, come puoi ben vedere a me è venuta in mente la stessa cosa!
    Partita complessivamente stupenda, ma l'ultimo scorcio di supplementari entrerà nella leggenda.

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  3. sono morto al condizionale della terza riga.
    luca

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